Raspelli ai Sindaci d’Italia: “Il Tricolore è indossato al contrario. L’ANCI intervenga”
Maria Giovanna Labruna • 24 novembre 2025
Nei giorni che hanno preceduto l’Assemblea Nazionale dell’ANCI, Edoardo Raspelli è tornato su un tema che da anni porta avanti con convinzione: il modo corretto di indossare la fascia tricolore. Una questione che, per il giornalista e divulgatore, non è affatto un semplice dettaglio estetico, ma un atto di rispetto verso la storia nazionale e verso il ruolo istituzionale ricoperto dai sindaci.
Raspelli – che nei suoi ricordi familiari intreccia il senso civico ereditato dal nonno, Tenente dei Carabinieri Reali, e l’impegno civile del padre Giuseppe – ha ribadito un principio semplice e, a suo avviso, innegabile: «Il Tricolore è verde, bianco e rosso. E così dev’essere anche sulla fascia dei sindaci, da sinistra a destra per chi guarda». Una regola confermata dalla storia e dall’iconografia, che dunque non dovrebbe essere ignorata.
Eppure, osservava Raspelli nella sua lettera, la prassi è ben diversa: nella maggior parte delle cerimonie ufficiali, la fascia indossata dalla spalla destra mostra al pubblico prima il rosso, poi il bianco e infine il verde. «Una distorsione – commentava – che non si vede nelle fasce dei sindaci francesi, sempre correttamente bleu-blanc-rouge, e che dovrebbe farci riflettere».
A colpirlo, in particolare, era stato quanto visto il 2 giugno: mentre al Colosseo il Tricolore appariva perfettamente disposto, a Piacenza Raspelli ha raccontato di aver visto esporre una grande bandiera capovolta, «con il rosso a sinistra, proprio nel giorno della Repubblica».
Non mancano però gli esempi virtuosi. Alcuni sindaci – ricordava – hanno scelto nel tempo di correggere il modo di indossare la fascia. Tra loro, Gianni Montano (Olgiate Olona) e, in diverse occasioni, Piero Fassino e Felice Magnacca. A loro Raspelli ha rivolto un plauso, auspicando che la corretta esposizione diventi una prassi diffusa e non un’eccezione.
Il giornalista ha ricordato anche un episodio del suo periodo come consigliere incaricato alla cultura del Comune di Bresso: nel gonfalone cittadino era comparso un “sole che ride” aggiunto per scherzo. Dopo ricerche d’archivio, fece ripristinare l’emblema autentico. «Se è stato possibile correggere quel sole, figuriamoci la fascia tricolore», ha osservato.
Nel suo appello ai sindaci e all’ANCI, Raspelli non ha invocato nuove norme, ma consapevolezza e attenzione. E ha concluso richiamando una pagina del Cuore di Edmondo De Amicis – il celebre brano “Io amo l’Italia” – come monito e dichiarazione d’amore verso la patria: un invito a valorizzare i simboli che rappresentano la storia e l’identità del Paese.
Il suo messaggio resta semplice e diretto: la fascia tricolore non è un accessorio, ma un simbolo. E indossarla correttamente significa onorare la comunità che si rappresenta.

Oggi è un giorno speciale, un giorno che pesa nel cuore e profuma di futuro: sono esattamente venticinque anni da quando sono arrivata in Italia. Venticinque anni di vita nuova, di radici che si intrecciano alla terra che mi ha accolta, di sapori che hanno trovato casa nelle mie mani e nel mio cuore. E proprio oggi, come un segno che chiude un cerchio, il mio piatto approda sulla Gazzetta. Da ragazzina avevo due sogni semplici e immensi: ascoltare dal vivo un concerto di Ennio Morricone e fare in modo che la mia passione per la cucina potesse diventare esperienza, emozione, nutrimento per gli altri. Oggi quei sogni sono realtà. E allora lo dico con sincerità: credete, sognate, amate. La vita è unica e sorprendente. La mia pappardella ripiena : il coraggio di un formato difficile, la generosità di un abbraccio La ricetta che presento oggi è una delle più intime e rappresentative della mia cucina: la pappardella ripiena al nero di seppia, un formato complesso da domare ma capace di regalare una ricchezza che ripaga ogni cura. La sfoglia La base è una sfoglia sottile e setosa al nero di seppia, elegante, profonda, quasi scenografica. È il mio modo di unire il mare alle radici della pasta fresca, un dialogo che non smette mai di emozionarmi. Il ripieno Il cuore del piatto nasce da una ricotta freschissima, appena presa al caseificio e lasciata sgocciolare fino a diventare cremosa e compatta. La unisco a code di mazzancolle pulite con precisione, private del budello e tritate a coltello per mantenere quella piacevole matericità. Le salto rapidamente in padella con un olio d’oliva di alta qualità, un soffio leggero di scalogno e una sfumatura di un infuso alcolico di finocchietto selvatico e nepeta. Il tutto si chiude con una grattugiata appena accennata di limetta, un raggio di luce che attraversa il ripieno. La base: una crema che avvolge La pappardella cotta riposa su una crema di piselli morbida, vellutata, dal colore che richiama la primavera. È il contrasto che ammorbidisce, che accoglie, che lega. Il tocco finale Completo il piatto con code di mazzancolle saltate al burro, foglie fresche di nepeta del mio orto, una pioggia misurata di semi di papavero e fiori di iperico e nepeta. È un finale poetico, quasi botanico, che racconta il mio modo di cucinare: naturale, sensoriale, vivo. La mia cucina è un ponte Ogni piatto che creo è un ponte tra ciò che sono e ciò che sogno. In questa pappardella c’è il mare che mi ha formato, la terra che mi ha accolta, le mani che hanno imparato e quelle che non smettono mai di cercare. La mia mente e la mia creatività non hanno confini. Ringrazio Dio per questo dono che mi accompagna ogni giorno. Oggi festeggio venticinque anni in Italia con un piatto che è molto più di una ricetta: è il mio percorso, la mia gratitudine, la mia voce.

ROMA – Si è svolto lunedì 17 novembre, negli spazi storici di Palazzo Brancaccio, il Corporate Meeting della Federazione Italiana Cuochi, l’appuntamento annuale dedicato al confronto con le aziende partner e alla programmazione delle attività future. L’incontro, promosso da FIC Promotion, ha avuto come filo conduttore il tema “FIC & Partner: destinazione 2026”, sintesi del lavoro svolto finora e dei nuovi obiettivi del prossimo anno. Ad aprire i lavori è stato il presidente di FIC Promotion, Carlo Bresciani, affiancato dal CdA composto dal presidente nazionale FIC Rocco Cristiano Pozzulo, dal segretario generale Salvatore Bruno e dai consiglieri Roberto Lodovichi e Seby Sorbello. Bresciani ha ringraziato le aziende partner per il sostegno continuo alla Federazione, ribadendo il valore di una collaborazione non puramente commerciale ma orientata alla crescita professionale condivisa. Nel suo intervento, il presidente Pozzulo ha sottolineato come Federcuochi stia crescendo non solo nei numeri, ma soprattutto nella qualità delle iniziative e delle sinergie in atto: «A questo tavolo – ha evidenziato – siedono realtà prestigiose, spesso con una lunga storia, che rappresentano punti di riferimento nazionali e internazionali. Siamo orgogliosi che facciate parte del nostro percorso». Numerosi i dirigenti FIC presenti, insieme ai saluti portati in videocollegamento dal presidente onorario Enrico Crippa, dal presidente DSE Gian Carlo Cliceri e dalla responsabile Lady Chef Alessandra Baruzzi. Durante l’incontro sono intervenuti anche l’assessore alla Cultura della Regione Lazio Simona Baldassarre – che ha espresso fiducia per la candidatura della cucina italiana a Patrimonio Unesco – e i rappresentanti delle principali realtà istituzionali e associative. La prima parte dei lavori, moderata dal giornalista Antonio Iacona, è stata dedicata alla presentazione del calendario eventi 2026, con un approfondimento sui principali appuntamenti fieristici: HOST 2027, Cooking Quiz, Hospitality 2026, Beer & Food Attraction (con focus sui Campionati della Cucina Italiana e sulla selezione della International Catering Cup), Sirha Mediterranée, Bocuse d’Or – con la presentazione del nuovo candidato Matteo Terranova e del team italiano – Horeca Expoforum, Expocook Roma, Gustus 2026 e tutte le attività associative Federcuochi: Assemblea, Congresso nazionale, Global Chefs, Expogast, Festa nazionale del Cuoco, Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. La seconda parte è stata riservata agli interventi delle aziende partner, suddivise per categoria: Partner Istituzionali: FIPE, UCI, CNA Main Partner: Unilever Food Solutions, Bragard, Conserve Italia, Barilla for Professional – Harrys, Electrolux Professional, Ballarini Professionale Food Service Partner: Cateringross Premium Partner: Lurisia Premium Beverages, Bugatti, Surgital, Oleificio Zucchi, Coltellerie Sanelli, Prodemar, Elle&Vire, Montosco Professional, Bonduelle Food Service, Zorzi, Cantine Riunite, Riso Grazia Official Partner: Tre Valli – Hoplà, Reflexx, Polar Seafood, Cast Alimenti Technical Partner: Kulinaryos Partner NIC: Orogel Partner Bocuse d’Or: La Stua de Michil, Meat Japan Partner Catering Cup: Remo Pasquini, Carlini Al termine della giornata, gli ospiti hanno potuto degustare un Business Lunch preparato dalla Nazionale Italiana Cuochi – Compartimento Eventi, guidata dal responsabile Chef Vito Amato, con il coordinamento del responsabile nazionale Eventi FIC Seby Sorbello. Un percorso gastronomico che ha valorizzato le materie prime delle aziende partner, con ricette contemporanee che guardano alla tradizione italiana. Un ringraziamento speciale è stato rivolto alla segreteria nazionale, guidata da Alessandro Laudadio, con Sabrina Trombino e Valeria Pizzutilo, e al team marketing di FIC Promotion, Vito Mastrosimini e Virginia Bellini. L’appuntamento per il prossimo Corporate Meeting è già fissato per il 2026, mentre la collaborazione con le aziende partner proseguirà fin dai prossimi giorni con le numerose attività in programma.

Auletta, 21 anni, è già considerato un giovane talento nel mondo della pizza, capace di sorprendere per la sua maturità e professionalità, che spesso fanno apparire il suo percorso molto più avanzato rispetto alla sua età. Cresciuto nel locale di famiglia, Kevin ha scoperto fin da bambino la passione per l’arte della pizza, imparando il valore del lavoro, della dedizione e dell’amore per ciò che si fa. Nonostante la giovane età, Kevin dimostra una determinazione e una voglia di mettersi in gioco che vanno ben oltre i suoi 21 anni. La sua curiosità lo spinge costantemente ad aggiornarsi, a sperimentare nuove tecniche e sapori, e a migliorarsi ogni giorno, confermando una grande ambizione e un forte spirito di crescita. Il suo percorso professionale lo ha portato a vivere e lavorare in contesti internazionali, da Malta a Parigi, fino alla splendida Costa Cilentana. Ogni esperienza ha arricchito le sue competenze, ampliato la sua visione della cucina e rafforzato la sua creatività, rendendolo un pizzaiolo capace di coniugare tradizione e innovazione. Oltre alla pizza, Kevin coltiva una forte passione per i viaggi e per la moda, che riflettono la sua personalità eclettica e la voglia di esprimersi in modi diversi, con stile e autenticità. La famiglia resta il suo punto di riferimento più importante, fonte di affetti sinceri e supporto, che hanno contribuito a costruire il carattere determinato, curioso e creativo che lo distingue. Grazie alla sua esperienza, al talento e alla costante voglia di migliorarsi, Kevin Auletta si è affermato come Pizzaiolo Juniores DOC 2025 al prestigioso Campionato Mondiale Pizza DOC, confermando il suo ruolo emergente e la promessa di un futuro brillante nel panorama della gastronomia internazionale.

La 71ª edizione della Guida Michelin per il 2026 ha appena svelato i suoi verdetti e, come ogni anno, non mancano le sorprese. Tra le novità più clamorose c’è la decisione di togliere la stella a Gianfranco Vissani, uno dei volti più noti della cucina italiana. Lo chef, visibilmente amareggiato, ha commentato con una punta di ironia: «E vabbè: ognuno prende le sue decisioni. Oltre a Vissani, diversi altri ristoranti di prestigio hanno subito lo stesso destino, perdendo il riconoscimento che per anni ha rappresentato un simbolo di eccellenza. La Guida Michelin, che da oltre un secolo premia la qualità, l’innovazione e la costanza dei ristoratori, conferma anche per questa edizione la sua capacità di influenzare profondamente il mondo gastronomico. La presentazione della guida, svoltasi oggi 19 novembre al Teatro Regio di Parma, ha visto emergere sia conferme importanti sia clamorose defezioni. Chef e ristoratori commentano tra orgoglio e delusione, mentre gli appassionati attendono di scoprire quali indirizzi saranno da segnare nella loro lista dei desideri gastronomici per il 2026. Tra chi perde la stella, oltre al celebre Vissani, figurano anche altri nomi storici della cucina italiana, dimostrando come la Michelin non faccia sconti nemmeno ai grandi del settore. Una scelta che, inevitabilmente, alimenta dibattiti e discussioni tra esperti e appassionati.

Il quartiere collinare del Vomero, a Napoli, si è nuovamente immerso in un’atmosfera densa di aromi caldi e avvolgenti. Dal 13 al 16 novembre Piazza degli Artisti ha ospitato la diciassettesima edizione di Chocoland – La Terra dei Golosi, confermandosi tra gli appuntamenti più attesi e rilevanti del Centro-Sud dedicati al cioccolato artigianale d’eccellenza. Una manifestazione che, più che una semplice fiera, rappresenta un vero rituale per appassionati, artigiani e famiglie. Il legame tra Napoli e il cacao affonda le sue radici nel XVI secolo, quando gli Spagnoli introdussero il prezioso ingrediente nella Penisola. A trasformarlo in arte furono però i Borbone, e in particolare la nota passione per i dolci del re Ferdinando IV. Fu nelle cucine reali e tra i pasticcieri di corte che il cioccolato divenne, da bevanda aristocratica, un elemento identitario della tradizione dolciaria partenopea. Un’eredità che ancora oggi vive nei profumi, nei sapori e nella cura artigianale che caratterizzano la kermesse organizzata da D2 Eventi, ormai marchio riconosciuto nel panorama enogastronomico nazionale. Per quattro giorni, la piazza si è trasformata in un vivace mosaico di botteghe e laboratori a cielo aperto. Le caratteristiche casette di legno hanno accolto maestri cioccolatieri provenienti da tutta Italia, offrendo un’ampia gamma di prodotti: dalle praline tradizionali alle sperimentazioni più audaci, fino alle creazioni artistiche in puro cacao. Tra le iniziative più apprezzate spicca il laboratorio dedicato ai più piccoli, “Art Attack: Fabbrica di Cioccolato”. Un progetto che ha permesso ai giovani visitatori di avvicinarsi all’artigianato attraverso attività di modellazione e decorazione, restituendo al cioccolato la sua natura di materia creativa oltre che gastronomica. La chiusura dell’edizione 2025 lascia un bilancio positivo in termini di partecipazione e interesse, confermando l’appeal di un evento ormai radicato nella vita culturale e commerciale del quartiere. Al momento non è stata ancora ufficializzata una nuova edizione, ma l’entusiasmo dei visitatori e il valore della manifestazione lasciano intravedere la possibilità di un futuro prosieguo. L’unica certezza è che l’aroma del cacao continuerà a restare nella memoria del Vomero ancora a lungo.

Rubrica di Antonio Peluso Chef Scellato Quando penso al comfort food che più rappresenta la mia cucina, immagino sempre un risotto. È un piatto che mi permette di raccontare una storia, di unire territori, profumi e consistenze. Oggi voglio portarvi con me in un viaggio che parte dalla tradizione veneta, attraversa il mare e arriva dritto alla mia idea di cucina contemporanea: il risotto con baccalà, provola affumicata e radicchio tardivo. Questo piatto nasce dal desiderio di accostare sapori decisi ma armoniosi. Il baccalà, con la sua sapidità gentile, incontra la nota leggermente amarognola del radicchio tardivo, un prodotto che amo per la sua eleganza. A legare tutto è la provola affumicata, che aggiunge rotondità e profondità grazie al suo profumo persistente. Ne deriva un risotto cremoso, materico, che avvolge il palato senza appesantire. Ingredienti per 4 persone • 400 g di baccalà già spinato e dissalato • 360 g di riso Carnaroli • 100 g di provola affumicata • 2 radicchi tardivi • 40 g di Parmigiano Reggiano grattugiato • 1 cipolla • Olio EVO q.b. • Burro q.b. • Brodo vegetale q.b. • Sale q.b. • Pepe q.b. Difficoltà: 🍤 Tempo: 🕒 1h Procedimento Inizio sempre stufando dolcemente una cipolla in casseruola con un filo di buon olio extravergine: la base profumata che accoglierà il resto degli ingredienti. Quando la cipolla è trasparente, aggiungo il baccalà tagliato a dadini e il radicchio a striscioline, lasciandoli insaporire lentamente. Copro con brodo vegetale e lascio cuocere a fuoco basso per circa 30 minuti; è il tempo necessario perché il baccalà si ammorbidisca e il radicchio rilasci il suo colore e il suo carattere. In una casseruola a parte, tosto il riso Carnaroli con una noce di burro: un passaggio imprescindibile per ottenere un chicco integro e una cottura perfetta. Unisco poi la mia salsa di baccalà e radicchio, continuando la cottura con l’aggiunta graduale di brodo caldo. Quando il riso è al punto giusto, arriva il momento che preferisco: la mantecatura. Aggiungo provola affumicata, Parmigiano Reggiano e un ultimo tocco di burro. Il risotto diventa lucido, cremoso, avvolgente. Per completare il piatto, decoro con radicchio tagliato alla julienne, che dona freschezza e un contrasto cromatico elegante. Questo è un risotto che parla di me, della mia cucina e della mia idea di gusto: tradizione, identità e creatività, fusi in un piatto che amo prepararvi e raccontarvi. Buon viaggio tra i miei sapori. — Chef Antonio Peluso


