La vera pasta alle vongole: Tradizione, tecnica e sapore secondo lo Chef Gregori Nalon

Chef Gregori Nalon • 22 settembre 2025
Tra le grandi eccellenze della cucina italiana, la pasta alle vongole occupa un posto d'onore. Semplice solo in apparenza, questo piatto racchiude una combinazione perfetta di sapori marini, tecnica e rispetto della materia prima. Una preparazione che richiede precisione, sensibilità e conoscenza, perché ogni dettaglio – dal tipo di pasta alla qualità delle vongole, fino all’emulsione finale – fa la differenza tra un piatto qualunque e un grande classico della tradizione.

1. La scelta delle vongole: cuore del piatto.
 
Il primo ingrediente a cui prestare massima attenzione sono, ovviamente, le vongole. Le più adatte? Le vongole veraci, freschissime e di origine certificata. Prima dell’utilizzo, è fondamentale spurgarle per eliminare ogni traccia di sabbia: basta lasciarle in acqua salata (simile all’acqua di mare) per almeno 2 ore, cambiando l’acqua una o due volte.
 
Nota tecnica: non tutte le vongole sono uguali. Quelle di piccola taglia cuociono più rapidamente ma rilasciano meno liquido; quelle più grandi, se ben selezionate, regalano un sugo più ricco e aromatico.

2. Pasta: lunga o corta?
Assolutamente lunga: che siano spaghetti quadrati, spaghetti classici, linguine ecc. l’importante che il formato sia pasta lunga, trafilata e con grani certificati Italiani.
La cottura dev’essere al dente: sarà l’ultimo minuto in padella con il sugo di vongole a completare la magia.

3. Il soffritto: semplicità e attenzione
L’olio extravergine di oliva è la base. A questo si aggiungono fettine sottili di aglio aromatico perché sprigionano meglio i profumi rispetto all’aglio in camicia o schiacciato.

Opzionale il peperoncino, naturalmente delicato e fresco se possibile (non deve essere aggressivo) e un trito di prezzemolo fresco. L’obiettivo non è sovrastare il sapore del mollusco, ma esaltarlo e rendere il tutto omogeneo e ben amalgamato.

Qui la magia: nella padella spenta, mettere l’olio, l’aglio, il peperoncino e mezzo bicchiere di vino bianco secco. Accendere a fiamma molto bassa e cominciare la “bollitura” dell’aglio, del peperoncino. Quando il vino si asciuga, entra in azione l’olio extravergine che in pochi secondi da una rosolatura lieve all’aglio e il peperoncino.  

 4. Apertura delle vongole: tecnica fondamentale
A questo punto si mettono le vongole si aprono a fuoco vivo, coperte con coperchio e se necessita poca acqua di cottura della pasta. Una volta aperte, si spegna, si scolano (tenendo il sugo che andrà in padella).

 5. Mantecatura: il segreto dell’emulsione perfetta
Una volta scolata la pasta molto al dente, si trasferisce direttamente in padella con il liquido delle vongole e un filo d’olio extravergine a crudo. Si manteca a fuoco medio, muovendo la padella per creare un’emulsione cremosa, senza l’aggiunta di panna, burro, farine, amidi ecc. ecc. o altri leganti. L’amido rilasciato dalla pasta farà il suo lavoro naturale.

Solo alla fine, si aggiungono le vongole già aperte a fuoco spento e il prezzemolo fresco tritato finemente.

6. Formaggio? No grazie! Forse.
Un principio cardine della cucina di mare italiana è il no al formaggio con i frutti di mare. In questo caso, è fondamentale: il Parmigiano o il Pecorino coprirebbero completamente l’equilibrio delicato tra l’olio, l’aglio e il sapore iodato delle vongole, ma attenzione che un bilanciamento sapiente dona al piatto delicatezza e armonia nel palato, basta non dirlo a nessuno perché qualche marinaio a suo tempo lo usava anche se la tradizione diceva il contrario

7. Servizio: eleganza senza fronzoli
La pasta alle vongole va servita subito, calda, nel suo piatto più semplice. Un filo d’olio extravergine a crudo, una spolverata di pepe nero fresco (opzionale), e nulla più. L’eleganza del piatto sta nella sua essenzialità.

La vera pasta alle vongole è un omaggio al mare, alla tecnica e alla tradizione. Non ha bisogno di reinterpretazioni forzate né di stravolgimenti: il suo segreto è la precisione e il rispetto degli ingredienti. È un piatto che racconta la cucina italiana nella sua forma più pura: povera negli ingredienti, ma ricchissima nel gusto e nella storia.

Come Cooking Strategist, credo che ogni piatto debba essere il frutto di un pensiero consapevole: conoscere la tecnica, scegliere la qualità, e poi lasciar parlare la materia prima.




Autore: Maria Giovanna Labruna 5 novembre 2025
Un nuovo nome pugliese si impone nel panorama internazionale dell’alta pasticceria. Michele Stasi, originario di Bisceglie e oggi Executive Pastry Chef presso i prestigiosi Park Hyatt di Dubai e Abu Dhabi, ha conquistato il Bocuse d’Or, il più ambito riconoscimento del mondo gastronomico. Stasi, già apprezzato per la sua straordinaria creatività e per la capacità di fondere tradizione e innovazione, si è distinto aggiudicandosi anche il titolo di Campione Nazionale di Pasticceria e Cioccolateria. La sua vittoria è il risultato di una combinazione di tecnica impeccabile, eleganza stilistica e profonda sensibilità estetica, qualità che lo hanno reso uno dei talenti più promettenti del settore. Il successo ottenuto apre ora la strada verso una nuova sfida internazionale: la Coppa del Mondo di Pasticceria, le cui semifinali si terranno in Arabia Saudita nel 2026, tappa decisiva per accedere alla finalissima di Lione nel 2027, capitale mondiale dell’alta gastronomia. La Regione Puglia ha espresso grande soddisfazione per il risultato raggiunto da Stasi, sottolineando come il suo percorso rappresenti un motivo d’orgoglio per l’intero territorio. “Il talento e la dedizione di Michele Stasi – si legge nella nota – testimoniano la capacità della Puglia di esprimere eccellenze riconosciute in tutto il mondo, ambasciatrici del gusto, della cultura e della qualità che contraddistinguono la nostra regione.” Un traguardo che conferma il valore di una generazione di professionisti capaci di portare la pasticceria pugliese oltre i confini nazionali, facendone un simbolo di passione, innovazione e autenticità. Orgoglio pugliese, eccellenza mondiale.
Autore: La redazione 4 novembre 2025
Nel prestigioso scenario del 24° Campionato Mondiale di Pizza Piccante, il Trofeo Filippo Matellicani ha celebrato la maestria e la passione dei pizzaioli che hanno saputo distinguersi per tecnica, creatività e sensibilità umana. A conquistare il gradino più alto del podio è stato Daniel Guarnera, seguito da Ivan Correnti, secondo classificato, e Saviana Antonio, terzo. Tre professionisti che, con il loro talento, hanno reso omaggio allo spirito del trofeo: unire eccellenza e solidarietà. Dedicato alla memoria del figlio di Francesco Matellicani, il Trofeo rappresenta un forte messaggio di impegno e speranza. Le quote d’iscrizione vengono infatti devolute in beneficenza, sostenendo la ricerca e progetti di aiuto concreto. Ancora una volta, la manifestazione ha dimostrato come la pizza, simbolo di condivisione e passione, possa trasformarsi in un linguaggio universale capace di unire gusto, memoria e solidarietà, rendendo il Trofeo Filippo Matellicani uno dei momenti più sentiti del Campionato Mondiale di Pizza Piccante.
Autore: La Redazione 4 novembre 2025
Pochi alimenti vantano una storia e una diffusione così universali come la cipolla (Allium cepa L.). Coltivata fin dai tempi degli Egizi e dei Babilonesi, oggi è un pilastro della cucina mediterranea e mondiale. Dietro la sua semplicità si nasconde un alimento funzionale, ricco di nutrienti e sostanze benefiche. La cipolla è povera di calorie (circa 40 kcal per 100 g), ma abbondante in fibre, vitamina C, vitamina B6, potassio e composti solforati, responsabili del suo caratteristico aroma. Questi composti, insieme a flavonoidi come la quercetina, hanno effetti antiossidanti, antibatterici e antinfiammatori. Protezione cardiovascolare e riduzione del colesterolo LDL. Supporto al sistema immunitario e alla risposta antinfiammatoria. Effetto depurativo e diuretico naturale. Sostegno alla digestione e alla salute intestinale. Varietà italiane: un patrimonio di biodiversità L’Italia custodisce oltre 30 varietà locali di cipolla, ciascuna legata al proprio territorio e alle sue tradizioni culinarie. Tra le più rinomate: Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP: dolce, croccante e succosa, perfetta a crudo. Cipolla di Giarratana (Sicilia): grande, chiara e delicata, ideale per confetture e cotture lente. Cipolla di Cannara (Umbria): equilibrata, versatile, ottima sia cruda sia cotta. Cipolla di Certaldo (Toscana): dal gusto intenso, protagonista di zuppe e soffritti. Cipolla dorata di Parma: aromatica, regina dei sughi tradizionali. E tra le eccellenze spicca anche un gioiello pugliese. La Cipolla Rossa di Acquaviva delle Fonti: il dolce gigante di Puglia Originaria dell’omonimo comune in provincia di Bari, la Cipolla Rossa di Acquaviva delle Fonti è una varietà unica, riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) e Presidio Slow Food. Il suo bulbo tondo e schiacciato può superare i 500 grammi, con tuniche esterne rosso-violacee e un cuore bianco-rosato. Ma ciò che la rende celebre è il suo sapore straordinariamente dolce e delicato, che la rende ideale anche cruda, in insalate o come contorno marinato. Coltivata con tecniche tradizionali e irrigazione naturale, la cipolla di Acquaviva è ricca di antociani e quercetina, potenti antiossidanti che contribuiscono a proteggere il cuore e contrastare l’invecchiamento cellulare. Ogni anno, ad Acquaviva, una grande Festa della Cipolla Rossa celebra il legame tra prodotto, territorio e cultura contadina, simbolo di identità e orgoglio pugliese. Come gustarla al meglio Per esaltare i benefici nutrizionali della cipolla è consigliabile non sottoporla a cotture eccessive: la versione cruda mantiene intatti i composti antiossidanti, ma anche grigliata, al forno o caramellata regala profumi e sapori irresistibili. Un trucco dei cuochi: aggiungerla cruda, sottilissima, a piatti freddi, carpacci o panini gourmet per un tocco dolce e aromatico. Che sia bianca, dorata o rossa, la cipolla resta un superfood naturale che coniuga gusto, salute e cultura. La Cipolla Rossa di Acquaviva delle Fonti, insieme alle altre varietà italiane, dimostra come un semplice ortaggio possa trasformarsi in un simbolo di biodiversità e tradizione gastronomica. Un bulbo che unisce l’Italia, dal campo alla tavola.
Autore: Maria Giovanna Labruna 4 novembre 2025
di Maria Giovanna Labruna – Editrice de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Ci sono gesti che parlano più di mille parole. E nella cucina di Giuliano Baldessari ogni gesto è pensiero, ogni movimento diventa linguaggio. Da tempo seguo con curiosità e ammirazione il percorso di questo chef che ha fatto della libertà creativa il suo manifesto. Attraverso i social, la sua figura emerge con una forza magnetica: silenziosa, intensa, quasi mistica. Baldessari, anima e mente di Aqua Crua, ristorante stellato immerso nei Colli Berici, non è solo un cuoco: è un interprete della materia. Nelle sue mani, gli ingredienti diventano strumenti di riflessione, frammenti di un discorso che unisce arte, filosofia e percezione. Ogni piatto sembra raccontare una verità invisibile, un dialogo continuo tra uomo e natura. L’immagine di lui che cucina in tuta di lattice ha fatto il giro dei social, generando sorpresa e curiosità. Eppure, osservandolo, è chiaro che non si tratta di una trovata scenica. È un gesto simbolico, una scelta consapevole. Il lattice come barriera e come pelle nuova: un modo per entrare nel cuore del gesto culinario, per eliminare distrazioni, per percepire in modo più profondo il senso stesso del creare. Quella di Baldessari è una cucina che non concede spazio all’ovvio. Essenziale, introspettiva, a tratti spiazzante, parla una lingua fatta di silenzi e intuizioni. È una cucina che non si limita a nutrire, ma costringe a pensare, a sentire, a interrogarsi. Osservarlo, anche da lontano, è come assistere a una performance d’arte contemporanea: c’è disciplina, concentrazione, ma anche un senso di libertà assoluta. E forse è proprio questa la chiave della sua forza: la capacità di restare fedele a se stesso, lontano da mode e tendenze, coerente nella sua ricerca interiore. In un panorama gastronomico spesso segnato dall’immagine e dalla spettacolarizzazione, Giuliano Baldessari si distingue per autenticità e coerenza. È un autore, più che uno chef. Un pensatore che ha scelto la cucina come linguaggio per raccontare l’uomo e la materia. Seguendolo, non si può che desiderare di varcare la soglia di Aqua Crua e vivere quell’esperienza di silenzio e ascolto che lui stesso incarna. E, come giornalista e appassionata di cucina d’autore, non posso fare a meno di augurarmi che questo articolo possa essere l’inizio di un dialogo. Perché certe figure meritano di essere conosciute da vicino, al di là dei social e delle immagini: la cucina di Giuliano Baldessari è una storia da vivere, e sarebbe un privilegio raccontarla con lui.
Autore: di Dott.ssa Jessica Sorrentino – Biologa e Formatrice in Enogastronomia 3 novembre 2025
C’è un confine sottile, ma meravigliosamente fertile, tra la tradizione e l’innovazione in cucina. È in quello spazio creativo che nasce la Pizza Lardella, un capolavoro di equilibrio e gusto che racconta l’Italia attraverso ingredienti d’eccellenza e sapori armoniosamente intrecciati. Emblema della convivialità italiana, la pizza si trasforma qui in una vera esperienza sensoriale, dove la maestria del pizzaiolo incontra la finezza della gastronomia gourmet. Il risultato è una creazione che conquista già al primo sguardo — e definitivamente al primo morso. Un viaggio tra profumi, colori e consistenze La base, fragrante e leggera, accoglie una fonduta di Parmigiano Reggiano allo zafferano, vellutata e dorata come il sole d’autunno. La sapidità del formaggio si fonde con le note calde e lievemente amarognole della spezia, dando vita a una crema avvolgente che prepara il palato all’incontro con ingredienti dal carattere deciso. Sulla superficie, funghi porcini accuratamente selezionati aggiungono un tocco boschivo e aromatico, mentre le noci sbriciolate regalano croccantezza e un retrogusto dolce e rotondo. A chiudere questa sinfonia di sapori, arriva il protagonista indiscusso: il lardo di Colonnata IGP, tagliato finissimo e lasciato sciogliere appena sul calore della pizza. La sua consistenza setosa e il sapore elegante donano al piatto una profondità gustativa unica, capace di accarezzare i sensi. Un equilibrio tra rusticità e raffinatezza La Pizza Lardella è molto più di una semplice proposta culinaria: è una narrazione gastronomica che attraversa l’Italia da nord a sud. Ogni ingrediente evoca un territorio e una tradizione — dai pascoli emiliani del Parmigiano Reggiano ai boschi dove nascono i porcini, fino alle cave di marmo di Colonnata, dove il lardo matura lentamente nella conca di marmo, seguendo un rituale antico. Il risultato è un equilibrio perfetto tra rusticità e raffinatezza, tra comfort food e alta cucina. Una pizza che non si limita a sfamare, ma invita a scoprire, assaporare e condividere. Come gustarla al meglio Per apprezzarne appieno la complessità aromatica, la Pizza Lardella va servita appena sfornata, quando il profumo del lardo incontra quello del Parmigiano e dei funghi. In abbinamento, un Chardonnay barricato o una birra artigianale ambrata esaltano la rotondità e la persistenza gustativa del piatto. Perfetta per una cena gourmet tra amici o come fiore all’occhiello di una pizzeria contemporanea, questa creazione rappresenta una nuova frontiera del gusto italiano: un dialogo continuo tra territorio, tecnica e creatività. La Pizza Lardella è la prova che la tradizione, quando si unisce all’arte e alla conoscenza degli ingredienti, può ancora sorprendere e innovare — restando profondamente, autenticamente italiana.
Autore: La Redazione 30 ottobre 2025
Un gesto, una filosofia In Giappone, il sushi è più che un alimento: è un’espressione di armonia tra uomo e natura. La parola “sushi” (酸し) rimanda all’acidità del riso, elemento cardine della preparazione, che accoglie il pesce fresco come in un abbraccio perfetto. Ogni gesto del maestro itamae è calibrato: dalla temperatura del riso alla pressione delle dita, fino al taglio millimetrico del pesce. L’obiettivo è uno solo — l’equilibrio assoluto. Come degustare il sushi nel modo corretto Con le mani o con le bacchette? La tradizione ammette entrambe le opzioni. Il nigiri, composto da riso e pesce, può essere gustato con le dita per preservarne la struttura; il sashimi, privo di riso, si degusta rigorosamente con le bacchette. La salsa di soia: mai esagerare Il sushi va immerso nella soia solo con la parte del pesce, mai con quella del riso, che rischierebbe di assorbirla troppo e squilibrare il sapore. Il condimento deve accompagnare, non coprire. Wasabi e zenzero, due ruoli distinti Il wasabi va applicato in piccole quantità, direttamente sul pesce, per amplificarne la freschezza marina. Lo zenzero, invece, serve a “pulire” il palato tra un assaggio e l’altro, favorendo la percezione delle diverse sfumature. L’ordine dei bocconi Come in una degustazione enologica, l’esperienza segue una progressione: si parte dai sapori più delicati — come branzino o ricciola — per arrivare ai più complessi, come tonno, salmone o anguilla. Anche nel nostro Paese il sushi ha raggiunto livelli di eccellenza, grazie a chef formati nelle migliori scuole giapponesi e a un’attenzione crescente verso la qualità del pesce e la tecnica. Dietro ogni pezzo di sushi si cela una filosofia fatta di precisione, armonia e rispetto. Mangiarlo non significa semplicemente nutrirsi, ma partecipare a un rito culturale in cui estetica, tecnica e gusto si fondono in un unico gesto. In un panorama gastronomico sempre più contaminato, il sushi autentico resta un simbolo di purezza e di dedizione assoluta alla materia prima — un’arte che continua a parlare la lingua universale della perfezione.
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