Balzo dei prezzi della pasta
La redazione • 22 settembre 2021

Il balzo dei prezzi della pasta può essere affrontato con una adeguata programmazione che consenta di aumentare la produzione di grano duro made in Italy in una situazione in cui il Belpaese importa circa il 40% del grano di cui ha bisogno. E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in riferimento all’ aumento del prezzo della pasta dovuto al dimezzamento dei raccolti in Canada che è il principale produttore mondiale e fornitore dell’Italia.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 9.990.000 quintali prodotto e valore della filiera della pasta in Puglia pari a 542.000.000 euro. “La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese”, dice Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni – ricorda la Coldiretti Puglia – che con l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada (CETA) nel 2020 le importazioni di grano canadese in Italia sono aumentate del 70% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 1,7 miliardi di chili provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare proprio con l’utilizzo del glifosato.
Per fermare le speculazioni e garantire la disponibilità del grano e degli altri prodotti agricoli – sottolinea la Coldiretti - occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Ci sono le condizioni per incrementare la produzione di grano in Italia dove – precisa la Coldiretti - è peraltro vietato l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada.
“Le migliori varietà di grano duro selezionate, da Emilio Lepido a Furio Camillo, da Marco Aurelio a Massimo Meridio fino al Panoramix e al grano Maiorca, sono coltivate dagli agricoltori sul territorio pugliese che produce – aggiunge il presidente Muraglia - più di 1/4 di tutto il frumento duro italiano”.
In questo contesto – sottolinea la Coldiretti regionale – un segnale importante viene dal moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni fa. Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che – conclude la Coldiretti Puglia – valorizzino i primati del Made in Italy e assicurino la sostenibilità della produzione in Italia. Un impegno importante per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero in un momento in cui l’emergenza coronavirus ha evidenziato tutte le criticità del commercio internazionale.
L’Italia – continua la Coldiretti - è il secondo produttore mondiale con un quantitativo di 3,85 milioni di tonnellate ma è anche il principale importatore perché molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni dell’ultimo decennio. Ora – precisa la Coldiretti Puglia - la situazione è cambiata anche sotto la spinta dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano voluto dalla Coldiretti che ha favorito il boom delle paste 100% Made in Italy.
Una trend spinto dalla crescente richiesta di prodotti 100% Made in Italy da parte dei consumatori. Infatti secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ l’82% degli italiani con l’emergenza coronavirus sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione. Una svolta patriottica favorita anche dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta sotto il pressing delle battaglie degli agricoltori della Coldiretti.
Le industrie di trasformazione stanno quindi adeguando gli approvvigionamenti e le proprie linee di produzione anche attraverso accordi per aumentare le coltivazioni in Italia. In questo contesto un segnale importante viene dal moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni: da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Fabianelli, da Alce Nero a Rummo, da Antonio Amato a Voiello, da pasta Milo fino a Barilla che ha deciso di rinnovare la sua pasta classica con grani 100% italiani.
Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità – insiste Coldiretti Puglia - realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e assicurino la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti. Un impegno importante per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero in un momento in cui l’emergenza coronavirus ha evidenziato tutte le criticità del commercio internazionale. “L’allarme globale provocato dal Covid ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza”, conclude il presidente Muraglia

In una serata in cui il Cinema ha incontrato l’anima più autentica del territorio, il Vesuvius Film Festival , dedicato al genio immortale di Federico Fellini, ha acceso i riflettori non solo sul grande schermo, ma anche sull’eccellenza gastronomica partenopea. La brigata protagonista dell’evento ha avuto l’onore di firmare la Cena di Gala riservata agli illustri ospiti della serata: artisti e attori pluripremiati in Italia e all’estero, fino a Los Angeles, protagonisti di cortometraggi girati nella amata Campania. Tra i momenti più significativi, l’incontro con gli autori e i protagonisti di opere premiate come “Mozzarella”, cortometraggio simbolo di identità, radici e talento. Un menù che racconta Napoli La Cena di Gala è stata concepita come un autentico racconto gastronomico, un viaggio sensoriale attraverso i sapori più rappresentativi della tradizione partenopea, interpretati con eleganza, rispetto e uno sguardo contemporaneo. Antipasto Salumi artigianali di nicchia firmati I Mandriani, con picagna e bresaola impreziosite da colatura di alici, raffinato omaggio al mare campano. Primo piatto Pacchero al ragù napoletano con salsiccia affumicata, espressione autentica della cucina di casa, simbolo di convivialità e memoria. Secondo piatto Spezzatino di fassona con ribes nero e cannella, adagiato su crema di zucca e petali di zucca brasata, in un equilibrio armonico tra intensità, delicatezza e ricerca. Dessert A chiudere la serata, la Delizia ai Limoni di Amalfi, emblema di freschezza, luce e identità territoriale. La brigata: il cuore pulsante dell’evento A rendere possibile questa esperienza gastronomica è stata una brigata affiatata, competente e profondamente appassionata, capace di trasformare una cena di rappresentanza in un momento memorabile. La brigata di cucina: • Giovanna Cuomo • Salvatore Auletta • Ubaldo Pucillo • Nicola De Falco • Adele Camerlengo Professionisti che hanno operato in perfetta sinergia, mettendo tecnica, sensibilità e amore per la cucina al servizio dell’evento e dei suoi ospiti. Un incontro tra Arte e Identità La serata ha rappresentato molto più di una Cena di Gala: è stata la celebrazione di un legame profondo tra cinema, cultura e territorio, tra visione artistica e tradizione culinaria. Un palcoscenico d’eccellenza in cui la Campania ha saputo raccontarsi con orgoglio, emozione e grande professionalità. Perché, proprio come il grande Cinema, anche la cucina sa lasciare il segno. Articolo a cura della Redazione.

Nel panorama gastronomico italiano ed europeo, stanno emergendo con sempre maggiore forza realtà capaci di integrare la pasticceria artigianale con piccole torrefazioni di caffè, dando vita a veri e propri hub sensoriali in cui dolce e caffè dialogano attraverso proposte curate, identitarie e ad alto valore aggiunto. Questo modello risponde a una domanda crescente di autenticità, qualità e storytelling, elementi ormai centrali nelle scelte dei consumatori contemporanei. Trend di mercato: dolce e caffè in sinergia Il mercato dei dolci e della pasticceria artigianale continua a mostrare segnali di vitalità. Secondo i dati dell’Osservatorio Sigep, la categoria dessert è cresciuta del 6% in Europa e del 2,3% in Italia negli ultimi dodici mesi, sostenuta da un interesse sempre più marcato verso prodotti artigianali, creativi e legati al territorio. Parallelamente, il comparto del caffè sta vivendo una fase di profonda evoluzione: il consumo si orienta verso miscele premium e caffè di qualità, con una particolare attenzione alla provenienza del chicco e ai processi produttivi. Le torrefazioni italiane registrano infatti un incremento delle esportazioni del +22% verso i mercati asiatici, trainato dalla domanda di prodotti autentici e fortemente identitari. La torrefazione artigianale rappresenta oggi uno dei segmenti più dinamici del settore. Le realtà di dimensioni contenute si distinguono per la capacità di valorizzare: le origini del caffè, la tracciabilità della filiera, profili aromatici complessi e riconoscibili. Questi elementi incontrano le aspettative di un consumatore sempre più consapevole ed esigente e favoriscono un’integrazione naturale con la pasticceria artigianale, dando vita a abbinamenti dolce–bevanda di alto livello, capaci di elevare l’esperienza complessiva. L’unione tra produzione dolciaria e tostatura interna del caffè consente di ottenere benefici concreti: Un’esperienza cliente distintiva, in cui la lavorazione artigianale diventa parte integrante del momento di consumo. Una brand identity forte, capace di differenziarsi dai format tradizionali di bar e caffetteria. Maggiore marginalità, grazie alla proposta di prodotti premium, dalle specialità di pasticceria ai blend di caffè personalizzati. Valorizzazione del locale come luogo di cultura gastronomica, non solo come spazio di consumo rapido. Cokito: un modello di eccellenza italiana In questo scenario si inserisce in modo autorevole Cokito, realtà che da oltre 40 anni rappresenta un’eccellenza calabrese nel mondo del caffè artigianale. L’azienda incarna perfettamente il modello integrato di qualità, competenza e visione. Guidata oggi dalla nuova generazione, sotto la direzione di Marisa Manna, Cokito continua a portare avanti gli ideali del fondatore Domenico Angiuli, con uno sguardo rivolto al futuro. La crescita dell’azienda è sostenuta da un team in continua evoluzione, formato e coinvolto in ogni fase del processo produttivo. Cokito segue internamente tutte le fasi della filiera: ricerca e selezione della materia prima, tostatura del caffè, distribuzione del prodotto finito, con l’obiettivo di garantire la miglior tazzina di caffè possibile. La conoscenza, la formazione continua e la condivisione del know-how sono valori centrali, trasmessi a collaboratori e professionisti del settore affinché ciascuno si senta parte integrante della famiglia Cokito. Elemento distintivo dell’azienda è il lavoro dei Mastri Tostatori, veri custodi dell’arte della miscelazione e della tostatura. La selezione di caffè provenienti da origini differenti e il delicato processo di arrostimento definiscono il carattere unico delle miscele Cokito. Durante la tostatura, il chicco attraversa continui mutamenti chimico-fisici che richiedono massima attenzione, esperienza e sensibilità. Al termine del processo, ogni lotto viene sottoposto a rigorosi test di assaggio per garantire costanza qualitativa, equilibrio aromatico e riconoscibilità del prodotto. Con la crescita dell’export del caffè artigianale italiano e l’espansione internazionale delle pasticcerie di qualità, il modello di pasticceria con torrefazione integrata è destinato a rafforzarsi ulteriormente nel 2026 e oltre. La valorizzazione delle competenze artigianali, l’attenzione alle materie prime e la costruzione di un’esperienza cliente multisensoriale rappresentano i principali fattori di successo. In questo contesto, Cokito si conferma come interprete autentico del Made in Italy, capace di unire tradizione, innovazione e cultura del gusto, promuovendo l’eccellenza italiana anche sui mercati internazionali.

Montagna, ghiacciai e cultura del cibo: l’Italia celebra un patrimonio fragile e prezioso L’11 dicembre, in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, lo sguardo del mondo torna sulle vette che custodiscono un patrimonio naturale e culturale di valore inestimabile. Le montagne non sono soltanto paesaggi mozzafiato: sono ecosistemi delicati, territori di identità profonde, luoghi in cui l’uomo ha imparato a convivere con la natura sviluppando tradizioni, saperi e una cucina capace di raccontare secoli di resilienza. Tra i simboli più intensi della montagna ci sono i ghiacciai, vere “sentinelle del clima”. Oggi il loro arretramento è un allarme globale: custodiscono risorse idriche fondamentali, influenzano gli equilibri ambientali e testimoniano i cambiamenti climatici in atto. Proteggerli significa proteggere la biodiversità, l’agricoltura di quota e le comunità che vivono grazie alle loro risorse. Il rispetto della montagna passa anche dai comportamenti quotidiani: percorrere i sentieri con attenzione, ridurre l’impatto ambientale del turismo, sostenere pratiche agricole tradizionali e piccoli produttori che mantengono vivo il paesaggio culturale delle terre alte. Il cibo di montagna: un’eredità culturale che parla di identit à La vita in quota ha forgiato una gastronomia autentica, nata dalla necessità e divenuta oggi una delle espressioni più riconoscibili del territorio. Le cucine di montagna – dalle Alpi agli Appennini – raccontano una storia fatta di materie prime essenziali, lavorazioni antiche e sapori netti. Formaggi d’alpeggio, burri profumati, salumi affumicati, zuppe nutrienti, polente, erbe spontanee, funghi e castagne: ogni piatto narra un rapporto intimo con l’ambiente, con la stagionalità e con la ritualità del lavoro agricolo. Queste ricette non sono solo tradizioni gastronomiche: sono un modo per preservare l’identità dei piccoli borghi, sostenere l’economia locale e difendere una biodiversità che oggi rischia di perdersi. L’Italia e l’UNESCO: un riconoscimento alla cultura del cibo Il recente inserimento della cucina italiana nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO rappresenta un riconoscimento al valore sociale e comunitario del nostro modo di produrre e condividere il cibo. La montagna ha un ruolo decisivo all’interno di questo patrimonio: molte delle eccellenze italiane nascono proprio nelle terre alte. Pensiamo ai formaggi d’alpeggio a latte crudo, ai vini eroici coltivati su pendii estremi, ai pani di lunga conservazione, alle carni conservate con tecniche tramandate da generazioni. Sono prodotti che parlano di sostenibilità, di adattamento, di creatività e di un legame profondo con l’ambiente. La montagna contribuisce così a definire l’immenso mosaico gastronomico italiano, rendendolo unico al mondo. La Giornata Internazionale della Montagna invita a riflettere su quanto questi territori siano preziosi e vulnerabili. Difendere le montagne significa difendere le comunità che le abitano, la memoria culturale, i paesaggi e il cibo che da essi prende vita. Oggi più che mai, la tutela della montagna è una responsabilità condivisa: un impegno verso le generazioni future e verso un patrimonio che ci rappresenta.

New Delhi, 10 dicembre 2025. L’Italia scrive una pagina destinata a rimanere impressa nella memoria culturale del Paese: la cucina italiana è stata ufficialmente riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Una proclamazione attesa, desiderata, costruita nel tempo con determinazione e visione, e annunciata oggi durante la sessione plenaria del Comitato intergovernativo . Un traguardo che non premia un singolo piatto, né una tecnica in particolare, ma l’intero universo gastronomico italiano: una rete di pratiche, saperi, gesti quotidiani e rituali che definisce da secoli l’identità del nostro popolo. Un patrimonio vivo: l’Italia raccontata attraverso la sua cucina La decisione dell’UNESCO mette al centro un concetto semplice quanto rivoluzionario: la cucina italiana non è solo cibo. È educazione familiare, cultura del convivio, memoria collettiva, rispetto per la materia prima e per il territorio, tramandati attraverso generazioni. Dai pranzi della domenica alle mani che impastano pasta fresca, dalle ricette custodite nei quaderni delle nonne alle evoluzioni contemporanee degli chef: tutto concorre a formare un ecosistema gastronomico unico, capace di unire regioni, storie e tradizioni diverse in un linguaggio condiviso. Dietro il riconoscimento c’è un percorso complesso, frutto di cinque anni di ricerca, consultazioni e lavoro culturale. Tra i protagonisti di questa lunga marcia, spicca il contributo delle istituzioni, delle associazioni gastronomiche storiche e delle comunità del cibo. Un ruolo fondamentale è stato quello della direttrice de La Cucina Italiana, Maddalena Fossati Dondero, che ha saputo trasformare un’idea in un movimento culturale nazionale, sostenendo la candidatura con passione e autorevolezza. Il dossier presentato all’UNESCO ha valorizzato non solo la ricchezza culinaria italiana, ma anche la sua forza sociale: la capacità della cucina di creare legami, includere, educare alla sostenibilità e alla biodiversità. Un riconoscimento che apre nuove prospettive L’ingresso nella lista UNESCO non è un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova responsabilità. Significa tutelare la qualità delle tradizioni, difendere i prodotti del territorio, investire nella formazione e nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. Dal punto di vista economico e turistico, gli esperti prevedono ricadute significative: il marchio UNESCO rafforzerà il ruolo dell’Italia come capitale mondiale della gastronomia, con un prevedibile incremento del turismo enogastronomico e dell’interesse internazionale verso le filiere alimentari italiane. La proclamazione dell’UNESCO non celebra soltanto una cucina, ma un modo di vivere. La cucina italiana è un patrimonio che si costruisce ogni giorno nelle nostre case, nelle trattorie, nelle scuole, nei mercati, nei campi. Un patrimonio fatto di autenticità, creatività e rispetto: valori che, oggi più che mai, dobbiamo proteggere. Con questo riconoscimento, l’Italia non conquista solo un titolo prestigioso. Rafforza la propria identità culturale e rinnova l’impegno a preservare un’eredità che appartiene al passato, ma soprattutto al futuro.

Ho scelto di creare una pizza low carb con l’intento di coniugare il piacere di un piatto iconico della nostra tradizione culinaria con un approccio alimentare più equilibrato. L’obiettivo era dimostrare che è possibile gustare una pizza saporita e appagante senza un eccessivo apporto di carboidrati, mantenendo così un miglior controllo dell’energia quotidiana e valorizzando la qualità degli ingredienti. Una scelta nata dalla volontà di proporre un’alternativa leggera, inclusiva e adatta a chi segue un’alimentazione bilanciata, senza rinunciare al gusto e alla convivialità che solo una vera pizza sa offrire. La ricerca della combinazione perfetta non è stata immediata: ho sperimentato diverse farine e miscele prima di individuare quella in grado di avvicinarsi, per gusto, consistenza e lavorabilità, all’impasto tradizionale. Un percorso fatto di prove, studio e continui aggiustamenti, sostenuto dalla convinzione che fosse possibile ottenere una base innovativa ma rispettosa della memoria gustativa della pizza italiana. In linea con il mio percorso accademico in biologia, il mio obiettivo era creare un impasto che rispondesse alle esigenze di chi segue una dieta ipocalorica, ma che potesse adattarsi anche a necessità più specifiche: un’alternativa adatta a chi deve tenere sotto controllo la glicemia, a chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile o altre sensibilità intestinali. Una ricetta pensata per essere digeribile, nutrizionalmente equilibrata e realmente innovativa, senza compromessi sul sapore.

Il Gran Galà “La Mia Raviola” ha illuminato Amendolara con una serata elegante e sentita, dedicata alle eccellenze gastronomiche del territorio e al dialogo sulla cucina contemporanea. Un appuntamento che ha unito degustazioni, riflessioni e confronti costruttivi grazie alla presenza di istituzioni, professionisti e grandi interpreti dell’arte culinaria. A inaugurare l’evento, il sindaco Maria Rita Acciardi, insieme all’intera giunta comunale, ristoratori e imprenditori locali, che hanno saputo creare un clima di autentica ospitalità e appartenenza. Protagonista anche La Gazzetta del Food, rappresentata dall’editrice e direttrice Maria Giovanna Labruna e da Chef Gregori Nalon, cooking strategist e fondatore della testata, la cui partecipazione ha impreziosito il confronto culturale e gastronomico. Momento centrale della serata, l’omaggio a Chef Rocco Gerundino, vincitore del Premio La Mia Raviola: un riconoscimento meritato per la sua capacità di trasformare la tradizione in emozione, con una cucina che racconta identità, tecnica e sensibilità. Accanto a lui, hanno arricchito il dibattito e la degustazione gli chef Biagio Girolamo, Domenico Guarino (tesoriere URCC) e Carmelo Fabricatore (presidente URCC), confermando il valore della brigata calabrese nel panorama gastronomico nazionale. In fine l’intervento del giornalista Andrea Berardi, l’incontro ha assunto un tono ancora più ricco e stimolante. Berardi, forte della sua lunga esperienza nel settore dell’informazione, ha offerto una lettura lucida e approfondita dei temi trattati, mettendo in evidenza aspetti spesso trascurati dal dibattito pubblico. La sua analisi, chiara e diretta, ha contribuito a creare un confronto vivo e partecipato. La serata si è conclusa con una raffinata degustazione di prodotti tipici del territorio, esaltati da interpretazioni creative che hanno ribadito la ricchezza della cultura agroalimentare locale. Dal Gran Galà è nata inoltre la nuova Fiera del Gusto di Amendolara, appuntamento che debutterà nell’estate 2026: una manifestazione pensata per celebrare sapori, saperi e tradizioni, e per proiettare il territorio verso nuove opportunità di valorizzazione e turismo enogastronomico. Un evento che non solo ha premiato l’eccellenza, ma ha posto le basi per un progetto ambizioso e condiviso, nel segno della qualità e della visione.


