COVID: COLDIRETTI PUGLIA, LA PUGLIA RIFIORISCE DA GALATINA CITTÀ NATALE DEL ‘PASTICCIOTTO’

La redazione • 6 luglio 2021

La Puglia rifiorisce da Galatina, città che ha dato i natali al dolce tipico leccese ‘il pasticciotto’, dove Piazza Dante Alighieri con il monumento ai Caduti sono stati adornati con fiori e composizioni floreali, mentre i floricoltori salentini hanno donato lisianthus, statici e gerbere ai turisti tornati in Puglia dopo un anno di assenza a causa del Covid. E’ la 'mobilitazione gentile' green e floreale nel pieno rispetto delle misure di sicurezza anti virus a colpi di petali e colori organizzata dalla Coldiretti Puglia in collaborazione con AFFI (Associazione Floricoltori e Fioristi Italiani) e Federfiori a Galatina, ma anche in altre città italiane per dare la possibilità a tutti di partecipare alla giornata nazionale dedicata al florovivaismo Made in Italy.

Annoverata da Forbes come una delle città del sud Italia che vale la pena visitare, le piazze e le vie del centro storico di Galatina – spiega Coldiretti Puglia - sono come i corridoi e le sale di un museo a cielo aperto, in cui ci si imbatte in una moltitudine di chiese cinquecentesche e palazzi antichi, testimonianza delle origini signorili di questa città che è stata colorata dalle opere d’arte floreale.

Le composizioni floreali della durata di 24 ore per l’iniziativa “Ripartiamo con un fiore” sono il segnale di ripartenza – sottolinea la Coldiretti regionale – e di benvenuto con i fiori in regalo ai turisti italiani e stranieri che stanno tornando in Puglia, una delle mete più gettonate dell’estate 2021, da parte di un settore strategico per l’economia, il lavoro e la qualità della vita, con le aziende di fiori, piante fiorite ed ornamentali che rappresentano il 41,5% delle imprese florovivaistiche attive nel Mezzogiorno, messe a rischio dall’emergenza Covid, con la concorrenza sleale di importazioni dall’estero ed il crollo delle vendite causato dalla pandemia con il record storico negativo di piante e fiori mandati al macero.

Far rifiorire città, piazze e viali è un segnale di speranza per sostenere il ritorno alla vita di comunità nelle piazze, dei musei, dei luoghi di cultura e arte – insiste Coldiretti Puglia - dopo l’isolamento imposto dal Covid con garofani, gerbere, lilium, achillee, limonium, solidago, statici, lisianthus, aspidistre, aralie, monstere, ruscus e gerbere coltivate in Italia.

La pandemia ha spinto quasi 7 cittadini su 10 (68%) ad andare a caccia di piante e fiori nei vivai per abbellire le proprie case e i giardini – aggiunge Coldiretti - per combattere afa e caldo, per difendersi da zanzare e insetti molesti o addirittura per coltivare direttamente frutta e ortaggi da portare in tavola.

Una vera piante-mania – sottolinea la Coldiretti - evidenziata dalla stessa Bankitalia che nell’ultima relazione annuale del Governatore Ignazio Visco ha rilevato come nell’anno della pandemia sia raddoppiato l’interesse per le case con giardino con un profondo cambiamento nel mercato immobiliare spinto dalla voglia degli italiani di spazi verdi sia all’interno che all’esterno delle abitazioni. Per godersi un po’ di piante il 74% delle famiglie può contare almeno su un balcone mentre il 42% vive proprio in una casa con giardino che nell’anno della pandemia è stato un vero e proprio sfogo per adulti e bambini spiega Coldiretti secondo dati Gfk Sinottica.

Se in passato erano soprattutto i più anziani ad avere il pollice verde, memori spesso di un tempo vissuto in campagna, adesso – sottolinea la Coldiretti – la passione per le piante dopo le lunghe settimane di lockdown si sta diffondendo anche tra i più giovani o tra persone che di solito non si occupavano di vasi, torbe e trapianti.

L’uscita dalla pandemia ha rafforzato la voglia di verde dei cittadini con il settore florovivaistico che ha pagato però - continua Coldiretti - un prezzo pesantissimo all’emergenza Covid, un vero e proprio tsunami senza precedenti nella storia dell’Italia – sottolinea la Coldiretti Puglia - con l’azzeramento eventi pubblici, fiere e assemblee, cresime, comunioni, battesimi e sposalizi oltre al rallentamento se non la paralisi della manutenzione di parchi e giardini e degli investimenti in verde pubblico.

“Il settore florovivaistico è fra quelli più duramente colpiti dagli effetti economici generati dalla pandemia ma dimostrando una grande capacità di resilienza è anche fra quelli che si sta riprendendo più rapidamente con una forte domanda anche dall’estero dove si registra un aumento record del 33% delle esportazioni di piante Made in Italy nel primo trimestre del 2021 che impone la tutela di un comparto e chiave del Made in Italy agroalimentare con un valore della produzione di fiori e piante che arriva a 300 milioni di euro in Puglia”, afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

Il settore florovivaistico in Puglia con il distretto in provincia di Lecce di Taviano e Leverano che si estende anche ai comuni limitrofi di Alliste, Maglie, Melissano, Nardò, Porto Cesareo, Racale e Ugento e quello della provincia di Bari con al centro della produzione e degli scambi Terlizzi, Canosa, Bisceglie, Molfetta, Ruvo di Puglia e Giovinazzo, e altre realtà aziendali sparse nel resto della regione – denuncia Coldiretti Puglia – ha vissuto un crack senza precedenti nel 2020 a causa dell’emergenza Covid con il crollo degli ordini e il blocco dei mercati esteri ed internazionali con milioni di fiori e piante rimasti invenduti per un settore che sviluppa in Puglia una Produzione Lorda Vedibile di oltre 300 milioni di euro. In provincia di Lecce il settore florovivaistico rappresenta ben il 12,4% della produzione agricola, mentre in provincia di Bari l’agricoltura il settore florovivaistico costituisce il 5,8% del valore della produzione agricola. In realtà, confrontando la distribuzione delle aziende per classi di superficie, si denota che, in termini di dotazione in fattore “terra”, le aziende pugliesi sono mediamente più grandi della media nazionale. Delle 853 aziende floricole il 65% si colloca tra 1 e 5 ha mentre a livello nazionale la stragrande maggioranza delle aziende (58,2%) ha una superficie inferiore ad 1 ettari.

Il settore florovivaistico ha pagato un prezzo pesantissimo alla crisi causata dalla pandemia. Un vero e proprio tsunami senza precedenti nella storia dell’Italia dove per effetto delle misure di sicurezza anti virus e dei timori legati al contagio – evidenzia Coldiretti Puglia – sono stati azzerati eventi pubblici, fiere e assemblee, cresime, comunioni, battesimi e sposalizi.

Per aprire nuovi mercati – continua Coldiretti Puglia – va finanziata la promozione del settore e dei consumi nazionali ed esteri per un vero rilancio di piante e fiori Made in Italy. Infine grandi aspettative dal Recovery Plan: digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici sono – conclude Coldiretti - assi strategici di intervento anche per il settore dei fiori e delle piante, per dare sostenibilità alla crescita e garantire la sicurezza ambientale del Paese.
Autore: La Redazione 14 dicembre 2025
In una serata in cui il Cinema ha incontrato l’anima più autentica del territorio, il Vesuvius Film Festival , dedicato al genio immortale di Federico Fellini, ha acceso i riflettori non solo sul grande schermo, ma anche sull’eccellenza gastronomica partenopea. La brigata protagonista dell’evento ha avuto l’onore di firmare la Cena di Gala riservata agli illustri ospiti della serata: artisti e attori pluripremiati in Italia e all’estero, fino a Los Angeles, protagonisti di cortometraggi girati nella amata Campania. Tra i momenti più significativi, l’incontro con gli autori e i protagonisti di opere premiate come “Mozzarella”, cortometraggio simbolo di identità, radici e talento. Un menù che racconta Napoli La Cena di Gala è stata concepita come un autentico racconto gastronomico, un viaggio sensoriale attraverso i sapori più rappresentativi della tradizione partenopea, interpretati con eleganza, rispetto e uno sguardo contemporaneo. Antipasto Salumi artigianali di nicchia firmati I Mandriani, con picagna e bresaola impreziosite da colatura di alici, raffinato omaggio al mare campano. Primo piatto Pacchero al ragù napoletano con salsiccia affumicata, espressione autentica della cucina di casa, simbolo di convivialità e memoria. Secondo piatto Spezzatino di fassona con ribes nero e cannella, adagiato su crema di zucca e petali di zucca brasata, in un equilibrio armonico tra intensità, delicatezza e ricerca. Dessert A chiudere la serata, la Delizia ai Limoni di Amalfi, emblema di freschezza, luce e identità territoriale. La brigata: il cuore pulsante dell’evento A rendere possibile questa esperienza gastronomica è stata una brigata affiatata, competente e profondamente appassionata, capace di trasformare una cena di rappresentanza in un momento memorabile. La brigata di cucina: • Giovanna Cuomo • Salvatore Auletta • Ubaldo Pucillo • Nicola De Falco • Adele Camerlengo Professionisti che hanno operato in perfetta sinergia, mettendo tecnica, sensibilità e amore per la cucina al servizio dell’evento e dei suoi ospiti. Un incontro tra Arte e Identità La serata ha rappresentato molto più di una Cena di Gala: è stata la celebrazione di un legame profondo tra cinema, cultura e territorio, tra visione artistica e tradizione culinaria. Un palcoscenico d’eccellenza in cui la Campania ha saputo raccontarsi con orgoglio, emozione e grande professionalità. Perché, proprio come il grande Cinema, anche la cucina sa lasciare il segno. Articolo a cura della Redazione.
Autore: Chef Gregori Nalon Cooking Strategist 14 dicembre 2025
Nel panorama gastronomico italiano ed europeo, stanno emergendo con sempre maggiore forza realtà capaci di integrare la pasticceria artigianale con piccole torrefazioni di caffè, dando vita a veri e propri hub sensoriali in cui dolce e caffè dialogano attraverso proposte curate, identitarie e ad alto valore aggiunto. Questo modello risponde a una domanda crescente di autenticità, qualità e storytelling, elementi ormai centrali nelle scelte dei consumatori contemporanei. Trend di mercato: dolce e caffè in sinergia Il mercato dei dolci e della pasticceria artigianale continua a mostrare segnali di vitalità. Secondo i dati dell’Osservatorio Sigep, la categoria dessert è cresciuta del 6% in Europa e del 2,3% in Italia negli ultimi dodici mesi, sostenuta da un interesse sempre più marcato verso prodotti artigianali, creativi e legati al territorio. Parallelamente, il comparto del caffè sta vivendo una fase di profonda evoluzione: il consumo si orienta verso miscele premium e caffè di qualità, con una particolare attenzione alla provenienza del chicco e ai processi produttivi. Le torrefazioni italiane registrano infatti un incremento delle esportazioni del +22% verso i mercati asiatici, trainato dalla domanda di prodotti autentici e fortemente identitari. La torrefazione artigianale rappresenta oggi uno dei segmenti più dinamici del settore. Le realtà di dimensioni contenute si distinguono per la capacità di valorizzare: le origini del caffè, la tracciabilità della filiera, profili aromatici complessi e riconoscibili. Questi elementi incontrano le aspettative di un consumatore sempre più consapevole ed esigente e favoriscono un’integrazione naturale con la pasticceria artigianale, dando vita a abbinamenti dolce–bevanda di alto livello, capaci di elevare l’esperienza complessiva. L’unione tra produzione dolciaria e tostatura interna del caffè consente di ottenere benefici concreti: Un’esperienza cliente distintiva, in cui la lavorazione artigianale diventa parte integrante del momento di consumo. Una brand identity forte, capace di differenziarsi dai format tradizionali di bar e caffetteria. Maggiore marginalità, grazie alla proposta di prodotti premium, dalle specialità di pasticceria ai blend di caffè personalizzati. Valorizzazione del locale come luogo di cultura gastronomica, non solo come spazio di consumo rapido. Cokito: un modello di eccellenza italiana In questo scenario si inserisce in modo autorevole Cokito, realtà che da oltre 40 anni rappresenta un’eccellenza calabrese nel mondo del caffè artigianale. L’azienda incarna perfettamente il modello integrato di qualità, competenza e visione. Guidata oggi dalla nuova generazione, sotto la direzione di Marisa Manna, Cokito continua a portare avanti gli ideali del fondatore Domenico Angiuli, con uno sguardo rivolto al futuro. La crescita dell’azienda è sostenuta da un team in continua evoluzione, formato e coinvolto in ogni fase del processo produttivo. Cokito segue internamente tutte le fasi della filiera: ricerca e selezione della materia prima, tostatura del caffè, distribuzione del prodotto finito, con l’obiettivo di garantire la miglior tazzina di caffè possibile. La conoscenza, la formazione continua e la condivisione del know-how sono valori centrali, trasmessi a collaboratori e professionisti del settore affinché ciascuno si senta parte integrante della famiglia Cokito. Elemento distintivo dell’azienda è il lavoro dei Mastri Tostatori, veri custodi dell’arte della miscelazione e della tostatura. La selezione di caffè provenienti da origini differenti e il delicato processo di arrostimento definiscono il carattere unico delle miscele Cokito. Durante la tostatura, il chicco attraversa continui mutamenti chimico-fisici che richiedono massima attenzione, esperienza e sensibilità. Al termine del processo, ogni lotto viene sottoposto a rigorosi test di assaggio per garantire costanza qualitativa, equilibrio aromatico e riconoscibilità del prodotto. Con la crescita dell’export del caffè artigianale italiano e l’espansione internazionale delle pasticcerie di qualità, il modello di pasticceria con torrefazione integrata è destinato a rafforzarsi ulteriormente nel 2026 e oltre. La valorizzazione delle competenze artigianali, l’attenzione alle materie prime e la costruzione di un’esperienza cliente multisensoriale rappresentano i principali fattori di successo. In questo contesto, Cokito si conferma come interprete autentico del Made in Italy, capace di unire tradizione, innovazione e cultura del gusto, promuovendo l’eccellenza italiana anche sui mercati internazionali.
Autore: Cinzia Tattini 11 dicembre 2025
Montagna, ghiacciai e cultura del cibo: l’Italia celebra un patrimonio fragile e prezioso L’11 dicembre, in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, lo sguardo del mondo torna sulle vette che custodiscono un patrimonio naturale e culturale di valore inestimabile. Le montagne non sono soltanto paesaggi mozzafiato: sono ecosistemi delicati, territori di identità profonde, luoghi in cui l’uomo ha imparato a convivere con la natura sviluppando tradizioni, saperi e una cucina capace di raccontare secoli di resilienza. Tra i simboli più intensi della montagna ci sono i ghiacciai, vere “sentinelle del clima”. Oggi il loro arretramento è un allarme globale: custodiscono risorse idriche fondamentali, influenzano gli equilibri ambientali e testimoniano i cambiamenti climatici in atto. Proteggerli significa proteggere la biodiversità, l’agricoltura di quota e le comunità che vivono grazie alle loro risorse. Il rispetto della montagna passa anche dai comportamenti quotidiani: percorrere i sentieri con attenzione, ridurre l’impatto ambientale del turismo, sostenere pratiche agricole tradizionali e piccoli produttori che mantengono vivo il paesaggio culturale delle terre alte. Il cibo di montagna: un’eredità culturale che parla di identit à La vita in quota ha forgiato una gastronomia autentica, nata dalla necessità e divenuta oggi una delle espressioni più riconoscibili del territorio. Le cucine di montagna – dalle Alpi agli Appennini – raccontano una storia fatta di materie prime essenziali, lavorazioni antiche e sapori netti. Formaggi d’alpeggio, burri profumati, salumi affumicati, zuppe nutrienti, polente, erbe spontanee, funghi e castagne: ogni piatto narra un rapporto intimo con l’ambiente, con la stagionalità e con la ritualità del lavoro agricolo. Queste ricette non sono solo tradizioni gastronomiche: sono un modo per preservare l’identità dei piccoli borghi, sostenere l’economia locale e difendere una biodiversità che oggi rischia di perdersi. L’Italia e l’UNESCO: un riconoscimento alla cultura del cibo Il recente inserimento della cucina italiana nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO rappresenta un riconoscimento al valore sociale e comunitario del nostro modo di produrre e condividere il cibo. La montagna ha un ruolo decisivo all’interno di questo patrimonio: molte delle eccellenze italiane nascono proprio nelle terre alte. Pensiamo ai formaggi d’alpeggio a latte crudo, ai vini eroici coltivati su pendii estremi, ai pani di lunga conservazione, alle carni conservate con tecniche tramandate da generazioni. Sono prodotti che parlano di sostenibilità, di adattamento, di creatività e di un legame profondo con l’ambiente. La montagna contribuisce così a definire l’immenso mosaico gastronomico italiano, rendendolo unico al mondo. La Giornata Internazionale della Montagna invita a riflettere su quanto questi territori siano preziosi e vulnerabili. Difendere le montagne significa difendere le comunità che le abitano, la memoria culturale, i paesaggi e il cibo che da essi prende vita. Oggi più che mai, la tutela della montagna è una responsabilità condivisa: un impegno verso le generazioni future e verso un patrimonio che ci rappresenta.
Autore: Maria Giovanna Labruna 10 dicembre 2025
New Delhi, 10 dicembre 2025. L’Italia scrive una pagina destinata a rimanere impressa nella memoria culturale del Paese: la cucina italiana è stata ufficialmente riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Una proclamazione attesa, desiderata, costruita nel tempo con determinazione e visione, e annunciata oggi durante la sessione plenaria del Comitato intergovernativo . Un traguardo che non premia un singolo piatto, né una tecnica in particolare, ma l’intero universo gastronomico italiano: una rete di pratiche, saperi, gesti quotidiani e rituali che definisce da secoli l’identità del nostro popolo. Un patrimonio vivo: l’Italia raccontata attraverso la sua cucina La decisione dell’UNESCO mette al centro un concetto semplice quanto rivoluzionario: la cucina italiana non è solo cibo. È educazione familiare, cultura del convivio, memoria collettiva, rispetto per la materia prima e per il territorio, tramandati attraverso generazioni. Dai pranzi della domenica alle mani che impastano pasta fresca, dalle ricette custodite nei quaderni delle nonne alle evoluzioni contemporanee degli chef: tutto concorre a formare un ecosistema gastronomico unico, capace di unire regioni, storie e tradizioni diverse in un linguaggio condiviso. Dietro il riconoscimento c’è un percorso complesso, frutto di cinque anni di ricerca, consultazioni e lavoro culturale. Tra i protagonisti di questa lunga marcia, spicca il contributo delle istituzioni, delle associazioni gastronomiche storiche e delle comunità del cibo. Un ruolo fondamentale è stato quello della direttrice de La Cucina Italiana, Maddalena Fossati Dondero, che ha saputo trasformare un’idea in un movimento culturale nazionale, sostenendo la candidatura con passione e autorevolezza. Il dossier presentato all’UNESCO ha valorizzato non solo la ricchezza culinaria italiana, ma anche la sua forza sociale: la capacità della cucina di creare legami, includere, educare alla sostenibilità e alla biodiversità. Un riconoscimento che apre nuove prospettive L’ingresso nella lista UNESCO non è un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova responsabilità. Significa tutelare la qualità delle tradizioni, difendere i prodotti del territorio, investire nella formazione e nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. Dal punto di vista economico e turistico, gli esperti prevedono ricadute significative: il marchio UNESCO rafforzerà il ruolo dell’Italia come capitale mondiale della gastronomia, con un prevedibile incremento del turismo enogastronomico e dell’interesse internazionale verso le filiere alimentari italiane. La proclamazione dell’UNESCO non celebra soltanto una cucina, ma un modo di vivere. La cucina italiana è un patrimonio che si costruisce ogni giorno nelle nostre case, nelle trattorie, nelle scuole, nei mercati, nei campi. Un patrimonio fatto di autenticità, creatività e rispetto: valori che, oggi più che mai, dobbiamo proteggere. Con questo riconoscimento, l’Italia non conquista solo un titolo prestigioso. Rafforza la propria identità culturale e rinnova l’impegno a preservare un’eredità che appartiene al passato, ma soprattutto al futuro.
Autore: Jessica Sorrentino 9 dicembre 2025
Ho scelto di creare una pizza low carb con l’intento di coniugare il piacere di un piatto iconico della nostra tradizione culinaria con un approccio alimentare più equilibrato. L’obiettivo era dimostrare che è possibile gustare una pizza saporita e appagante senza un eccessivo apporto di carboidrati, mantenendo così un miglior controllo dell’energia quotidiana e valorizzando la qualità degli ingredienti. Una scelta nata dalla volontà di proporre un’alternativa leggera, inclusiva e adatta a chi segue un’alimentazione bilanciata, senza rinunciare al gusto e alla convivialità che solo una vera pizza sa offrire. La ricerca della combinazione perfetta non è stata immediata: ho sperimentato diverse farine e miscele prima di individuare quella in grado di avvicinarsi, per gusto, consistenza e lavorabilità, all’impasto tradizionale. Un percorso fatto di prove, studio e continui aggiustamenti, sostenuto dalla convinzione che fosse possibile ottenere una base innovativa ma rispettosa della memoria gustativa della pizza italiana. In linea con il mio percorso accademico in biologia, il mio obiettivo era creare un impasto che rispondesse alle esigenze di chi segue una dieta ipocalorica, ma che potesse adattarsi anche a necessità più specifiche: un’alternativa adatta a chi deve tenere sotto controllo la glicemia, a chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile o altre sensibilità intestinali. Una ricetta pensata per essere digeribile, nutrizionalmente equilibrata e realmente innovativa, senza compromessi sul sapore.
Autore: Maria Giovanna Labruna 6 dicembre 2025
Il Gran Galà “La Mia Raviola” ha illuminato Amendolara con una serata elegante e sentita, dedicata alle eccellenze gastronomiche del territorio e al dialogo sulla cucina contemporanea. Un appuntamento che ha unito degustazioni, riflessioni e confronti costruttivi grazie alla presenza di istituzioni, professionisti e grandi interpreti dell’arte culinaria. A inaugurare l’evento, il sindaco Maria Rita Acciardi, insieme all’intera giunta comunale, ristoratori e imprenditori locali, che hanno saputo creare un clima di autentica ospitalità e appartenenza. Protagonista anche La Gazzetta del Food, rappresentata dall’editrice e direttrice Maria Giovanna Labruna e da Chef Gregori Nalon, cooking strategist e fondatore della testata, la cui partecipazione ha impreziosito il confronto culturale e gastronomico. Momento centrale della serata, l’omaggio a Chef Rocco Gerundino, vincitore del Premio La Mia Raviola: un riconoscimento meritato per la sua capacità di trasformare la tradizione in emozione, con una cucina che racconta identità, tecnica e sensibilità. Accanto a lui, hanno arricchito il dibattito e la degustazione gli chef Biagio Girolamo, Domenico Guarino (tesoriere URCC) e Carmelo Fabricatore (presidente URCC), confermando il valore della brigata calabrese nel panorama gastronomico nazionale. In fine l’intervento del giornalista Andrea Berardi, l’incontro ha assunto un tono ancora più ricco e stimolante. Berardi, forte della sua lunga esperienza nel settore dell’informazione, ha offerto una lettura lucida e approfondita dei temi trattati, mettendo in evidenza aspetti spesso trascurati dal dibattito pubblico. La sua analisi, chiara e diretta, ha contribuito a creare un confronto vivo e partecipato. La serata si è conclusa con una raffinata degustazione di prodotti tipici del territorio, esaltati da interpretazioni creative che hanno ribadito la ricchezza della cultura agroalimentare locale. Dal Gran Galà è nata inoltre la nuova Fiera del Gusto di Amendolara, appuntamento che debutterà nell’estate 2026: una manifestazione pensata per celebrare sapori, saperi e tradizioni, e per proiettare il territorio verso nuove opportunità di valorizzazione e turismo enogastronomico. Un evento che non solo ha premiato l’eccellenza, ma ha posto le basi per un progetto ambizioso e condiviso, nel segno della qualità e della visione.
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