Chef al femminile: La cucina d’autore non è più solo affare da uomini
La Redazione • 22 settembre 2025
Nonostante il talento e la passione, le donne nella ristorazione d’eccellenza restano spesso in secondo piano. Ma qualcosa sta cambiando, e la rivoluzione parte dalle cucine.
Per decenni, l’alta cucina è stata raccontata quasi esclusivamente al maschile. Grandi nomi, premi internazionali, copertine di riviste e stelle Michelin: un universo che ha troppo spesso dimenticato, o messo in secondo piano, le donne. Ma dietro i fornelli di molti dei migliori ristoranti del mondo ci sono anche loro: competenti, creative, determinate. Pronte a riscrivere le regole di una tradizione che oggi ha bisogno di rinnovarsi nel segno dell'inclusione e della parità
Basta scorrere l’elenco dei ristoranti stellati o dei vincitori dei premi più prestigiosi per accorgersi di quanto sia ancora esigua la presenza femminile. E non si tratta certo di una questione di talento: nelle cucine professionali le donne sono numerose, ma difficilmente riescono a emergere nei ruoli apicali. La questione non è solo culturale, ma anche strutturale: orari massacranti, difficoltà nel conciliare vita personale e carriera, stereotipi di genere ancora radicati.
Eppure, il panorama sta lentamente cambiando. Chef come Cristina Bowerman, con il suo approccio multidisciplinare e internazionale, o Martina Caruso, che ha conquistato la stella Michelin a soli 27 anni, sono esempi di una nuova generazione di professioniste che portano in cucina visione, tecnica e identità.
Donne che scelgono di rimanere nei propri territori, come Valeria Piccini a Montemerano, o che decidono di portare il gusto italiano nel mondo, come Nadia Santini, ambasciatrice dell’eccellenza gastronomica tricolore. Ognuna con una propria storia, ma tutte unite dalla stessa determinazione: affermarsi non “nonostante” siano donne, ma proprio perché lo sono.
Il cambiamento non può arrivare solo dal talento individuale: servono politiche attive, percorsi formativi inclusivi, mentorship, e soprattutto un cambio di mentalità nelle brigate di cucina. La leadership femminile non può più essere vista come un’eccezione, ma come una delle tante forme di eccellenza professionale.
Allo stesso modo, anche la comunicazione gastronomica deve evolvere: è tempo di superare la narrazione che vede le donne solo come custodi della tradizione o madri amorevoli ai fornelli. Le chef di oggi sono manager, imprenditrici, formatrici. E meritano lo stesso spazio mediatico e istituzionale riservato ai colleghi uomini.
L’alta ristorazione, se vuole continuare a essere innovativa e rappresentativa, deve sapersi aprire a tutte le voci. In un’epoca in cui la sostenibilità, l’etica del lavoro e l’inclusione sono (giustamente) temi centrali, anche la cucina deve fare la sua parte. E riconoscere il valore, unico e insostituibile, delle donne chef.
Non si tratta di una battaglia di genere, ma di qualità. Perché il talento non ha sesso, ma ha bisogno di essere visto, ascoltato e valorizzato.
A cura della Redazione – La Gazzetta del Food
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Tra le grandi eccellenze della cucina italiana, la pasta alle vongole occupa un posto d'onore. Semplice solo in apparenza, questo piatto racchiude una combinazione perfetta di sapori marini, tecnica e rispetto della materia prima. Una preparazione che richiede precisione, sensibilità e conoscenza, perché ogni dettaglio – dal tipo di pasta alla qualità delle vongole, fino all’emulsione finale – fa la differenza tra un piatto qualunque e un grande classico della tradizione. 1. La scelta delle vongole: cuore del piatto. Il primo ingrediente a cui prestare massima attenzione sono, ovviamente, le vongole. Le più adatte? Le vongole veraci, freschissime e di origine certificata. Prima dell’utilizzo, è fondamentale spurgarle per eliminare ogni traccia di sabbia: basta lasciarle in acqua salata (simile all’acqua di mare) per almeno 2 ore, cambiando l’acqua una o due volte. Nota tecnica: non tutte le vongole sono uguali. Quelle di piccola taglia cuociono più rapidamente ma rilasciano meno liquido; quelle più grandi, se ben selezionate, regalano un sugo più ricco e aromatico. 2. Pasta: lunga o corta? Assolutamente lunga: che siano spaghetti quadrati, spaghetti classici, linguine ecc. l’importante che il formato sia pasta lunga, trafilata e con grani certificati Italiani. La cottura dev’essere al dente: sarà l’ultimo minuto in padella con il sugo di vongole a completare la magia. 3. Il soffritto: semplicità e attenzione L’olio extravergine di oliva è la base. A questo si aggiungono fettine sottili di aglio aromatico perché sprigionano meglio i profumi rispetto all’aglio in camicia o schiacciato. Opzionale il peperoncino, naturalmente delicato e fresco se possibile (non deve essere aggressivo) e un trito di prezzemolo fresco. L’obiettivo non è sovrastare il sapore del mollusco, ma esaltarlo e rendere il tutto omogeneo e ben amalgamato. Qui la magia: nella padella spenta, mettere l’olio, l’aglio, il peperoncino e mezzo bicchiere di vino bianco secco. Accendere a fiamma molto bassa e cominciare la “bollitura” dell’aglio, del peperoncino. Quando il vino si asciuga, entra in azione l’olio extravergine che in pochi secondi da una rosolatura lieve all’aglio e il peperoncino. 4 . Apertura delle vongole: tecnica fondamentale A questo punto si mettono le vongole si aprono a fuoco vivo, coperte con coperchio e se necessita poca acqua di cottura della pasta. Una volta aperte, si spegna, si scolano (tenendo il sugo che andrà in padella). 5. Mantecatura: il segreto dell’emulsione perfetta Una volta scolata la pasta molto al dente, si trasferisce direttamente in padella con il liquido delle vongole e un filo d’olio extravergine a crudo. Si manteca a fuoco medio, muovendo la padella per creare un’emulsione cremosa, senza l’aggiunta di panna, burro, farine, amidi ecc. ecc. o altri leganti. L’amido rilasciato dalla pasta farà il suo lavoro naturale. Solo alla fine, si aggiungono le vongole già aperte a fuoco spento e il prezzemolo fresco tritato finemente . 6. Formaggio? No grazie! Forse. Un principio cardine della cucina di mare italiana è il no al formaggio con i frutti di mare. In questo caso, è fondamentale: il Parmigiano o il Pecorino coprirebbero completamente l’equilibrio delicato tra l’olio, l’aglio e il sapore iodato delle vongole, ma attenzione che un bilanciamento sapiente dona al piatto delicatezza e armonia nel palato, basta non dirlo a nessuno perché qualche marinaio a suo tempo lo usava anche se la tradizione diceva il contrario 7. Servizio: eleganza senza fronzoli La pasta alle vongole va servita subito, calda, nel suo piatto più semplice. Un filo d’olio extravergine a crudo, una spolverata di pepe nero fresco (opzionale), e nulla più. L’eleganza del piatto sta nella sua essenzialità. La vera pasta alle vongole è un omaggio al mare, alla tecnica e alla tradizione. Non ha bisogno di reinterpretazioni forzate né di stravolgimenti: il suo segreto è la precisione e il rispetto degli ingredienti. È un piatto che racconta la cucina italiana nella sua forma più pura: povera negli ingredienti, ma ricchissima nel gusto e nella storia. Come Cooking Strategist, credo che ogni piatto debba essere il frutto di un pensiero consapevole: conoscere la tecnica, scegliere la qualità, e poi lasciar parlare la materia prima.

Entrambi influenzano il nostro modo di vivere, di esprimerci e, sempre più spesso, di prenderci cura del pianeta. Già Luigi XIV, detto Re Sole, comprese l'importanza di questo connubio. Alla sua corte, l’opulenza non si manifestava solo negli abiti sontuosi, ricchi di merletti, diamanti e accessori teatrali, ma anche nei banchetti regali: vere e proprie opere d’arte culinarie, abbondanti, raffinate e scenografiche. Non a caso, fu proprio lui a portare per primo la cioccolata in Europa, considerandola un lusso riservato all’élite. Negli anni ’30, il legame tra moda, arte e cibo si rafforza ulteriormente. Un esempio emblematico è la collaborazione tra Schiaparelli e Salvador Dalí, da cui nacque il celebre "abito aragosta": un vestito elegante, surrealista, decorato con un’aragosta dipinta, simbolo di un’epoca audace e sperimentale. Da allora, molti stilisti hanno continuato a giocare con il tema del cibo nelle loro collezioni. Basti pensare a Moschino, Dolce & Gabbana o Dior, che spesso portano in passerella riferimenti gastronomici, trasformando frutta, verdura e piatti iconici in elementi decorativi. In una delle sfilate di Dolce & Gabbana, ad esempio, spiccavano abiti ispirati agli spaghetti, agli agrumi siciliani e ad altri simboli culinari del Mediterraneo. Ma tra le connessioni più interessanti tra fashion e food c’è quella legata alla sostenibilità. Diverse aziende italiane, negli ultimi anni, hanno dato vita a progetti innovativi che trasformano gli scarti alimentari in materiali per l’abbigliamento e il design. Un esempio di ciò arriva dalla Sicilia, dove dagli scarti delle arance si ricava un tessuto ecosostenibile. Allo stesso modo, dalle vinacce dell’uva si ottiene una "pelle" vegetale, così come dai funghi o dal mais nascono alternative naturali alla pelle animale. Come risultato abbiamo sneaker bio 100% italiane, accessori fashion e persino biancheria intima realizzati con materiali derivati da mele, cocco, ananas, fondi di caffè e persino bucce di banana. Fibre nuove, innovative, biodegradabili, che non solo riducono gli sprechi alimentari, ma promuovono un’economia circolare sempre più necessaria. In conclusione, moda e cibo possono diventare alleati potenti nella sfida per un futuro più sostenibile. Scegliere capi e alimenti con consapevolezza, prestando attenzione alla provenienza, ai materiali e ai processi produttivi, significa compiere un gesto d’amore verso sé stessi e verso il pianeta. Perché, in fondo, non siamo solo ciò che mangiamo: siamo anche ciò che indossiamo.

I primi 365 giorni di vita del cocktail bar pensato e realizzato dalla mente e dalle braccia del bartender Paolino Nigro, portano una ventata di aria fresca nella città di Melfi, in provincia di Potenza. Ogni storia ha un capitolo uno. OR1GINI segna il primo traguardo del nostro viaggio. Comunica il primo anno di attività, con un’identità forte e visivamente stilizzata. Perché ogni passo avanti inizia da un passo indietro, a quando è cominciato il nostro percorso. È il festival, la festa di Origini, ma anche quella dei suoi clienti affezionati. Un mix di musica, drink speciali, ospiti d’eccezione e food ricercato. Vivere Origini in versione “Fest” è una sorpresa per ringraziare chi ci ha accompagnato fin dall’inizio e accogliere chi si unirà al nostro viaggio. Si inizia giovedì 25 settembre con i bartender Luisa Polverino e Cristiano Barabba della Bartender’s Bar Accademy Salerno con il live dei Crostah ed uno spettacolo circense. Venerdì 26 settembre toccherà ai bartender Antonio Lecciso del Prohibition di Lecce, Francesco Di Gioia del Contrabar di Bisceglie e a Stefano Leo del “Tonico” di Galatina a miscelare drink alla bar station. La serata sarà accompagnata musicalmente dal djset di Antonello Croce con lo special guest di Felice Alvino. Sabato 27 settembre, invece, sarà il momento del bartender Stefano Iamparelli di DOC di Pescara a realizzare drink. Il djset di Andrea Megamix farà da sfondo alla serata con un’interessante esibizione di kickboxing da parte di Luigi Rosa della “Pro Fighting Team Rosa”. Domenica 28 settembre, infine, alla bar station ci saranno Alessandro Mannoni e Francesco Cimaglia del “La Zanzara” di Roma. Gli chef de “La Villa” di Melfi si occuperanno della proposta food, musica live de la “Jasi Band” mentre Domenico Salluce si esibirà in uno spettacolo di ventriloquo e magia con “Magic and Puppet show”. “Origini Fest è un festival di quattro giorni studiato e pensato per premiare i clienti che in questo primo anno ci hanno dato fiducia. Abbiamo studiato delle serate di intrattenimento con guest da tutta Italia per offrire un’offerta diversa a chi ci verrà a salutare in quei giorni. Tanto intrattenimento musicale, tanti gadget in omaggio e la presenza delle aziende partner di Origini, come Tanqueray Ten, Casamigos, Martini e Amaro Lucano su tutte, che hanno preso a cuore il progetto dall’inizio e ci hanno sostenuto in questo evento bellissimo. Non vediamo l’ora di accogliere i nostri ospiti e clienti in questi quattro giorni, certi di vivere con allegria e spensieratezza l’evento” ha dichiarato entusiasta Paolino Nigro. Una sfida ambiziosa quella di Paolino Nigro che ha voluto portare nella sua città, Melfi, nuova offerta food e drink con un vero e proprio ritorno alle Origini. Il giovane barman Paolino Nigro, dopo una lunga esperienza vissuta nei più famosi cocktail bar italiani e internazionali, è tornato nella sua città per aprire un nuovo spazio dedicato al buon bere e alla sperimentazione. Unire storia e innovazione è il concept intorno a cui ruota Origini - Esperienza Liquida. Ad ispirare la prima drink e food list era stato l'imperatore Federico II di Svevia. Guidati da un simpatico cavaliere ebbro, mascotte del locale, ci si immerge nella vita del Castello, scrigno che custodisce uno degli iconici drink “Castelli in aria” con Zacapa, castagna, frutto tipico della zona del Vulture, mandorle e limone. La seconda drink list di Origini, ancora tutt’oggi presente in carta, è stata invece OriginLand, ispirata ai cartoni animati che dagli anni ’80 ai 2000 hanno caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza di tutti noi. L'atmosfera di Origini segue sì il leitmotiv federiciano, ma è anche estremamente rilassata, grazie ad un'accoglienza vivace, fresca ed amicale da parte della giovane squadra di professionisti under 30. Un team di cui va molto fiero Paolino, che conferma come "Origini è per me e i miei colleghi uno spazio in cui esprimere la nostra passione. Dove cultura, modernità e divertimento si mescolano perfettamente come in un cocktail ben riuscito. Dopo molte esperienze, tra cui una importante dietro il bancone del Sips di Barcellona (al primo posto nella classifica “The World’s 50 Best Bars 2023”) ho scelto di ritornare nella mia Basilicata per offrire ai nostri clienti un nuovo modo di vivere l'esperienza della miscelazione". Un progetto giovane e ambizioso a cui Paolino Nigro stava già lavorando da qualche anno, che ha visto la luce alla fine dell'estate. Uno spazio, all'ombra del Monte Vulture, che ha voglia di regalare momenti di relax, accompagnati da ottimi cocktail e in compagnia dello scintillante cavaliere, a cui, come promette il fondatore, non manca mai bicchiere.

Il latte crudo torna al centro del dibattito agroalimentare grazie all’intervento di Slow Food, che sottolinea la necessità di una maggiore educazione del pubblico sui benefici, le peculiarità e le garanzie di sicurezza dei formaggi prodotti con questo metodo tradizionale. Durante un incontro promosso in occasione della Giornata Europea del Patrimonio Agroalimentare, l’associazione ha ribadito quanto sia fondamentale tutelare le produzioni artigianali legate al territorio, promuovendo al contempo una corretta informazione su tecniche di lavorazione, rischi e qualità organolettiche. "Il latte crudo è un patrimonio vivente che racconta storie di pascoli, biodiversità e saperi antichi — ha dichiarato un portavoce di Slow Food — ma senza un’adeguata cultura alimentare, rischia di essere frainteso o penalizzato." L’appello di Slow Food si inserisce in un contesto normativo ancora frammentato, dove la valorizzazione dei prodotti locali fatica a imporsi su una narrazione che predilige l’omologazione industriale a scapito della diversità. Foto Web

La Cooperativa La Mimosa ha inaugurato un nuovo centro concludendo un progetto in favore delle persone più vulnerabili grazie a un bando del Gal Start 2020 Agricoltura sociale volano per la Basilicata rurale è il tema del convegno che si è tenuto ieri nel centro storico di Grassano per presentare la conclusione di un progetto di inclusione sociale che si avvale del settore agricolo e sollecitare il territorio nella programmazione di nuove azioni per proseguire su questa scia. . Capofila la cooperativa sociale La Mimosa, che insieme ad altri partner grazie ha risposto al bando promosso dal GAL Start 2020. Gli investimenti immateriali hanno permesso rendere fruibile il vecchio lamione di proprietà della cooperativa anche alle persone con disabilità e di attrezzarlo per le attività in favore di persone vulnerabile e farne diventare un centro di riferimento. La cooperazione agricola, permette di unire le forze, superare la frammentazione e superare le sfide del mercato con maggiore competitività è stato a più voci sottolineato. Dopo i saluti del sindaco di Grassano Filippo Luberto e di Grottole Angelo De Vito è intervenuto il presidente dell’Oprol Paolo Colonna che ha parlato dell’importanza di fare rete per mettere insieme risorse e conoscenze per l’innovazione dei processi di valorizzazione delle eccellenze locali, ha poi portando all’attenzione della platea consolidate esperienze. “Anche la Cia ha detto il presidente di Oprol si avvale di una associazione di sviluppo e di solidarietà per l’agricoltura sociale che sta diventando una leva strategica per il benessere delle nostre comunità. Ognuno deve fare la propria parte nei processi di aggregazione, le imprese agricole si stanno impegnando, Oprol segue con attenzione tutti gli areali e la salvaguardia delle specie autocnone lucane è un obiettivo che si sta fortemente portando avanti, l’anno scorso sono state messe a dimora 40mila piante di olivo”. Francesco Ritrovato presidente della Cooperativa La Mimosa ha ripercorso le fasi del progetto, dei soggetti fruitori. “Oggi abbiamo un presidio importante- un hub che ci permette di connettere aziende agricole con le nostre comunità. Agri Lamione continuerà perché utilizzeremo ogni risorsa per dare gamba a ogni inziativa rivolta alle persone più fragili, la comunità ha risposto, siamo un gruppo consolidato”. Il presidente del Gal Start 2020 Angelo Zizzamia spiegato le opportunità delle azioni Leader sia per le aziende agricole che puntano sulla multifunzionalità che per i soggetti fragili. L’agricoltura sociale capace di generare un impatto positivo e duraturo sul territorio. Alle conclusioni l’Autorità di Gestione del Programma di Sviluppo rurale della Regione Basilicata Rocco Vittorio Restaino che ha sottolineato l’importanza dei Gal, come organismi intermedi nella gestione dei fondi europei tra Regione e aree vaste, con funzioni innovative e di frontiera. Agri Lamione un esempio virtuoso di agricoltura sociale espresso spontaneamente in questo territorio dove l’organismo di riferimento è il Gal Start 2020ce.

VALLO DELLA LUCANIA (SA) – In Piazza Vittorio Emanuele II, al civico 18, c’è un luogo che profuma di storia, tradizione e amore per i sapori veri. È la Salumeria da Paolino, una bottega che non è solo punto vendita, ma custode di un’eredità familiare che resiste al tempo e si rinnova ogni giorno con passione. A guidarla oggi è Antonella Paolino, erede di una tradizione che affonda le radici nella cultura lucana più autentica. Cresciuta tra forme di caciocavallo, conserve fatte in casa e prosciutti stagionati lentamente, Antonella ha fatto della Salumeria da Paolino un punto di riferimento per chi cerca qualità, genuinità e accoglienza casereccia. Ma la vera magia di questo luogo sta nell’armonia perfetta tra radici e innovazione, tra Lucania e Sardegna. Merito anche di Antonio, presenza fissa accanto ad Antonella, che ha portato con sé l’essenza dell’isola: dagli gnocchetti sardi preparati secondo la ricetta tradizionale, ai formaggi intensi, passando per i dolci tipici sardi che incuriosiscono e conquistano i clienti affezionati. Una salumeria, una casa, una storia Entrare nella Salumeria da Paolino è come fare un salto in una cucina di campagna: i profumi sono quelli della cucina casareccia, con prodotti che parlano di terra, mani sapienti e stagioni rispettate. Sugli scaffali e nel banco, selezioni di salumi locali, formaggi a latte crudo, pane cotto a legna, conserve artigianali e una scelta curata di specialità che raccontano il Cilento, la Lucania e la Sardegna come un viaggio sensoriale tra culture sorelle del Mediterraneo. Una parte fondamentale di questa storia è il papà di Antonella, l’indimenticabile “Paolino”, che nonostante l’età è ancora presente, ogni tanto, in salumeria. Il suo volto è quello della memoria, della sapienza tramandata e dell’identità che non si dimentica. È lui ad aver piantato il primo seme di questo progetto, quando una salumeria era più che un negozio: era un centro di relazioni, di fiducia e di comunità. Dove la qualità non è moda, ma valore quotidiano La forza della Salumeria da Paolino sta nella scelta accurata dei fornitori, nella valorizzazione delle produzioni locali e nell’attenzione a ogni cliente. Ogni prodotto è raccontato, spiegato, consigliato. Non esiste vendita senza relazione, e questo è ciò che ha permesso alla bottega di resistere alle logiche della grande distribuzione, mantenendo intatto il proprio carattere. Oggi, Antonella e Antonio rappresentano una nuova generazione di artigiani del gusto, capaci di unire mondi diversi ma affini. Lucania e Sardegna si incontrano in piatti semplici ma profondi, che sanno di casa e viaggi lontani. Un invito al gusto (e al cuore) Se vi trovate a Vallo della Lucania, una tappa alla Salumeria da Paolino è d’obbligo. Non solo per acquistare prodotti unici, ma per vivere un’esperienza di sapori, volti e racconti. Qui ogni assaggio è un frammento di identità, ogni sorriso dietro il bancone è una storia che continua. Salumeria da Paolino Piazza Vittorio Emanuele II, 18 84078 Vallo della Lucania (SA) Per chi cerca l’anima del Sud, con un pizzico d’isola nel cuore.