Sapori d’autunno: Le ricette stagionali da portare in tavola

Cinzia Tattini • 23 settembre 2025
Con l’arrivo dell’autunno, la natura cambia volto e anche la cucina si veste di nuovi colori, profumi e sapori. Le temperature più fresche invitano a preparare piatti caldi, avvolgenti, capaci di riscaldare non solo il corpo, ma anche l’anima.
L’autunno è la stagione dei frutti del bosco, delle castagne, della zucca, dei funghi, delle mele, delle pere e della frutta secca. Ingredienti che diventano protagonisti di ricette tradizionali, ma anche di nuove creazioni culinarie che sanno unire gusto e stagionalità.
Tra gli ingredienti simbolo dell’autunno troviamo:
Zucca: versatile, dolce e cremosa, perfetta per vellutate, risotti, gnocchi e anche dolci.
Funghi: porcini, chiodini e champignon arricchiscono primi piatti, contorni e ripieni con il loro profumo intenso.
Castagne: da gustare arrostite o trasformare in farine e creme per preparazioni dolci e salate.
Mele e pere: ideali per torte, crostate, composte ma anche per secondi piatti in agrodolce.
Frutta secca: noci, nocciole, mandorle e pinoli danno croccantezza e sapore a insalate, pani, pesti e dolci.

Idee di ricette autunnali
L’autunno è il momento perfetto per tornare ai fornelli e sperimentare. Ecco alcune idee di piatti stagionali:
Vellutata di zucca con crostini di pane integrale e rosmarino
Risotto ai funghi porcini mantecato al parmigiano
Gnocchi di castagne con burro e salvia
Arrosto di maiale alle mele con salsa al vino rosso
Torta di mele della nonna con cannella e pinoli
Crostata di pere e cioccolato fondente
Pane alle noci e farina integrale
Perché scegliere ricette di stagione
Cucinare con ingredienti di stagione non è solo una scelta etica e sostenibile, ma anche un modo per valorizzare i sapori autentici, ridurre l’impatto ambientale e risparmiare. I prodotti autunnali sono ricchi di nutrienti, vitamine e minerali utili per affrontare i primi freddi e rafforzare il sistema immunitario.
L’autunno è una stagione generosa e stimolante per chi ama cucinare. Porta con sé il desiderio di rallentare, ritrovare il piacere della tavola e condividere momenti di convivialità. Che si tratti di una cena in famiglia o di un pranzo domenicale, le ricette autunnali sanno sempre creare atmosfere calde e accoglienti.

Preparate gli ingredienti, accendete i fornelli e lasciatevi ispirare dai colori e dai profumi dell’autunno.


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Autore: La Redazione 23 settembre 2025
Ogni volta che prepariamo la pasta, compiamo un gesto quasi automatico: buttiamo una manciata di sale grosso nell’acqua bollente. Ma perché proprio il sale grosso? È solo una tradizione tramandata, o c’è una motivazione più concreta? Non è solo questione di abitudine Il sale grosso è da sempre il protagonista della cottura della pasta nella cucina italiana. Ma non è solo un fatto culturale: ci sono buone ragioni pratiche e anche un pizzico di scienza dietro questa scelta. Struttura e tempi di scioglimento La differenza principale tra sale grosso e sale fino è la dimensione dei cristalli. Chimicamente sono identici (entrambi cloruro di sodio), ma si comportano in modo diverso nell’acqua bollente. Il sale grosso: • Si scioglie più lentamente, quindi è più adatto alla cottura in grandi quantità d’acqua. • È più facile da dosare: una manciata ti dà un controllo più intuitivo rispetto ai cucchiaini di sale fino, che si scioglie subito e può rendere più facile esagerare. • È più economico e spesso venduto in confezioni più grandi, ideali per chi cucina spesso. E se usassi il sale fino? Puoi usare anche il sale fino, e il risultato finale sarà comunque una pasta salata al punto giusto… se dosi bene. Ma è proprio lì la difficoltà: il sale fino si scioglie subito e si rischia facilmente di metterne troppo. Inoltre, se buttato nell’acqua bollente senza mescolare, può finire sul fondo della pentola e danneggiarla nel tempo. Usiamo il sale grosso per praticità, controllo e tradizione, non perché il sale fino sia sbagliato. È un’abitudine che ha radici nella cucina quotidiana, ma che continua a essere utile anche oggi. La prossima volta che lo prendi a manciate, saprai che c’è una buona ragione dietro quel gesto che sembra così semplice. Foto Web
Autore: La Redazione 23 settembre 2025
Nel settore della ristorazione e della preparazione alimentare, il rispetto delle norme igienico-sanitarie rappresenta un elemento imprescindibile per garantire la sicurezza del consumatore finale. Una delle principali problematiche che si riscontrano all’interno delle cucine professionali è il rischio di contaminazione crociata, ovvero il trasferimento di agenti patogeni da un alimento contaminato a un altro tramite utensili, superfici o mani non adeguatamente sanificate. Ecco una panoramica delle buone pratiche essenziali per una corretta gestione degli alimenti e degli strumenti, con l’obiettivo di prevenire rischi igienici e mantenere elevati standard di sicurezza. Taglieri: distinzione e manutenzione I taglieri sono strumenti ad alto rischio di contaminazione, poiché vengono spesso a contatto diretto con alimenti crudi. È fondamentale utilizzare taglieri distinti per tipologie di alimenti, preferibilmente identificati da colori differenti (ad esempio, rosso per carne cruda, verde per verdure, blu per pesce), al fine di evitare sovrapposizioni dannose. La pulizia deve essere accurata e costante. Dopo ogni utilizzo, i taglieri devono essere lavati con detergenti professionali e sanificati, anche mediante l’uso di lavastoviglie industriali a temperature elevate. Inoltre, è buona norma sostituire periodicamente i taglieri usurati o danneggiati, in particolare quelli in plastica che possono sviluppare fessurazioni dove i batteri si annidano facilmente. Coltelli e utensili da cucina Anche i coltelli e gli utensili da cucina (pinze, spatole, mestoli) possono diventare veicoli di contaminazione se non gestiti correttamente. Ogni strumento deve essere pulito e disinfettato dopo ogni utilizzo e non deve mai entrare in contatto con superfici sporche o contaminate. Gli utensili devono essere conservati in ambienti puliti, preferibilmente in contenitori chiusi o su supporti dedicati, evitando appoggi casuali su piani di lavoro non sanificati. Superfici di lavoro: sanificazione costante Le superfici di lavoro devono essere sanificate con regolarità durante tutte le fasi operative. La pulizia va effettuata prima, durante e dopo ogni servizio, utilizzando prodotti igienizzanti certificati per uso alimentare. È necessario rimuovere immediatamente ogni residuo organico e mantenere i piani di lavoro asciutti, poiché l’umidità favorisce la proliferazione microbica. Ispezioni periodiche delle superfici permettono inoltre di individuare eventuali crepe o usure che potrebbero compromettere l’igiene e richiedere interventi di manutenzione o sostituzione. Conservazione degli alimenti: ordine e controllo La conservazione corretta degli alimenti è un altro pilastro della sicurezza alimentare. Tutti i prodotti devono essere riposti in contenitori chiusi, puliti e opportunamente etichettati, con l’indicazione della data di preparazione o scadenza. È essenziale rispettare le temperature di conservazione raccomandate: tra 0°C e 4°C per i prodotti freschi, e a -18°C per quelli surgelati. Gli alimenti crudi devono essere sempre tenuti separati da quelli cotti per evitare contaminazioni incrociate, così come quelli di origine animale da quelli vegetali. Igiene delle mani e del personale Infine, l’igiene personale del personale addetto alla preparazione è una condizione fondamentale. Le mani devono essere lavate con cura prima di ogni attività, dopo ogni cambio di operazione, e ogni volta che si viene a contatto con materiali potenzialmente contaminanti. L’uso dei guanti monouso deve essere gestito in maniera corretta: non rappresentano un sostituto del lavaggio delle mani, ma un’ulteriore barriera protettiva da cambiare frequentemente. La sicurezza alimentare non può essere improvvisata. Ogni fase del processo, dalla conservazione alla preparazione, richiede attenzione, formazione e responsabilità. Solo attraverso l’adozione di procedure rigorose e standardizzate, supportate da una cultura della prevenzione, è possibile tutelare la salute dei clienti e valorizzare la professionalità degli operatori del settore. Investire in igiene e sicurezza significa proteggere non solo i consumatori, ma anche la reputazione e il futuro della propria attività. Foto Web
Autore: Chef Gregori Nalon 22 settembre 2025
Tra le grandi eccellenze della cucina italiana, la pasta alle vongole occupa un posto d'onore. Semplice solo in apparenza, questo piatto racchiude una combinazione perfetta di sapori marini, tecnica e rispetto della materia prima. Una preparazione che richiede precisione, sensibilità e conoscenza, perché ogni dettaglio – dal tipo di pasta alla qualità delle vongole, fino all’emulsione finale – fa la differenza tra un piatto qualunque e un grande classico della tradizione. 1. La scelta delle vongole: cuore del piatto. Il primo ingrediente a cui prestare massima attenzione sono, ovviamente, le vongole. Le più adatte? Le vongole veraci, freschissime e di origine certificata. Prima dell’utilizzo, è fondamentale spurgarle per eliminare ogni traccia di sabbia: basta lasciarle in acqua salata (simile all’acqua di mare) per almeno 2 ore, cambiando l’acqua una o due volte. Nota tecnica: non tutte le vongole sono uguali. Quelle di piccola taglia cuociono più rapidamente ma rilasciano meno liquido; quelle più grandi, se ben selezionate, regalano un sugo più ricco e aromatico. 2. Pasta: lunga o corta? Assolutamente lunga: che siano spaghetti quadrati, spaghetti classici, linguine ecc. l’importante che il formato sia pasta lunga, trafilata e con grani certificati Italiani. La cottura dev’essere al dente: sarà l’ultimo minuto in padella con il sugo di vongole a completare la magia. 3. Il soffritto: semplicità e attenzione L’olio extravergine di oliva è la base. A questo si aggiungono fettine sottili di aglio aromatico perché sprigionano meglio i profumi rispetto all’aglio in camicia o schiacciato. Opzionale il peperoncino, naturalmente delicato e fresco se possibile (non deve essere aggressivo) e un trito di prezzemolo fresco. L’obiettivo non è sovrastare il sapore del mollusco, ma esaltarlo e rendere il tutto omogeneo e ben amalgamato. Qui la magia: nella padella spenta, mettere l’olio, l’aglio, il peperoncino e mezzo bicchiere di vino bianco secco. Accendere a fiamma molto bassa e cominciare la “bollitura” dell’aglio, del peperoncino. Quando il vino si asciuga, entra in azione l’olio extravergine che in pochi secondi da una rosolatura lieve all’aglio e il peperoncino. 4 . Apertura delle vongole: tecnica fondamentale A questo punto si mettono le vongole si aprono a fuoco vivo, coperte con coperchio e se necessita poca acqua di cottura della pasta. Una volta aperte, si spegna, si scolano (tenendo il sugo che andrà in padella). 5. Mantecatura: il segreto dell’emulsione perfetta Una volta scolata la pasta molto al dente, si trasferisce direttamente in padella con il liquido delle vongole e un filo d’olio extravergine a crudo. Si manteca a fuoco medio, muovendo la padella per creare un’emulsione cremosa, senza l’aggiunta di panna, burro, farine, amidi ecc. ecc. o altri leganti. L’amido rilasciato dalla pasta farà il suo lavoro naturale. Solo alla fine, si aggiungono le vongole già aperte a fuoco spento e il prezzemolo fresco tritato finemente . 6. Formaggio? No grazie! Forse. Un principio cardine della cucina di mare italiana è il no al formaggio con i frutti di mare. In questo caso, è fondamentale: il Parmigiano o il Pecorino coprirebbero completamente l’equilibrio delicato tra l’olio, l’aglio e il sapore iodato delle vongole, ma attenzione che un bilanciamento sapiente dona al piatto delicatezza e armonia nel palato, basta non dirlo a nessuno perché qualche marinaio a suo tempo lo usava anche se la tradizione diceva il contrario 7. Servizio: eleganza senza fronzoli La pasta alle vongole va servita subito, calda, nel suo piatto più semplice. Un filo d’olio extravergine a crudo, una spolverata di pepe nero fresco (opzionale), e nulla più. L’eleganza del piatto sta nella sua essenzialità. La vera pasta alle vongole è un omaggio al mare, alla tecnica e alla tradizione. Non ha bisogno di reinterpretazioni forzate né di stravolgimenti: il suo segreto è la precisione e il rispetto degli ingredienti. È un piatto che racconta la cucina italiana nella sua forma più pura: povera negli ingredienti, ma ricchissima nel gusto e nella storia. Come Cooking Strategist, credo che ogni piatto debba essere il frutto di un pensiero consapevole: conoscere la tecnica, scegliere la qualità, e poi lasciar parlare la materia prima.
Autore: Sabrina Altamura 22 settembre 2025
Entrambi influenzano il nostro modo di vivere, di esprimerci e, sempre più spesso, di prenderci cura del pianeta. Già Luigi XIV, detto Re Sole, comprese l'importanza di questo connubio. Alla sua corte, l’opulenza non si manifestava solo negli abiti sontuosi, ricchi di merletti, diamanti e accessori teatrali, ma anche nei banchetti regali: vere e proprie opere d’arte culinarie, abbondanti, raffinate e scenografiche. Non a caso, fu proprio lui a portare per primo la cioccolata in Europa, considerandola un lusso riservato all’élite. Negli anni ’30, il legame tra moda, arte e cibo si rafforza ulteriormente. Un esempio emblematico è la collaborazione tra Schiaparelli e Salvador Dalí, da cui nacque il celebre "abito aragosta": un vestito elegante, surrealista, decorato con un’aragosta dipinta, simbolo di un’epoca audace e sperimentale. Da allora, molti stilisti hanno continuato a giocare con il tema del cibo nelle loro collezioni. Basti pensare a Moschino, Dolce & Gabbana o Dior, che spesso portano in passerella riferimenti gastronomici, trasformando frutta, verdura e piatti iconici in elementi decorativi. In una delle sfilate di Dolce & Gabbana, ad esempio, spiccavano abiti ispirati agli spaghetti, agli agrumi siciliani e ad altri simboli culinari del Mediterraneo. Ma tra le connessioni più interessanti tra fashion e food c’è quella legata alla sostenibilità. Diverse aziende italiane, negli ultimi anni, hanno dato vita a progetti innovativi che trasformano gli scarti alimentari in materiali per l’abbigliamento e il design. Un esempio di ciò arriva dalla Sicilia, dove dagli scarti delle arance si ricava un tessuto ecosostenibile. Allo stesso modo, dalle vinacce dell’uva si ottiene una "pelle" vegetale, così come dai funghi o dal mais nascono alternative naturali alla pelle animale. Come risultato abbiamo sneaker bio 100% italiane, accessori fashion e persino biancheria intima realizzati con materiali derivati da mele, cocco, ananas, fondi di caffè e persino bucce di banana. Fibre nuove, innovative, biodegradabili, che non solo riducono gli sprechi alimentari, ma promuovono un’economia circolare sempre più necessaria. In conclusione, moda e cibo possono diventare alleati potenti nella sfida per un futuro più sostenibile. Scegliere capi e alimenti con consapevolezza, prestando attenzione alla provenienza, ai materiali e ai processi produttivi, significa compiere un gesto d’amore verso sé stessi e verso il pianeta. Perché, in fondo, non siamo solo ciò che mangiamo: siamo anche ciò che indossiamo.
Autore: Aldo Padovano 22 settembre 2025
I primi 365 giorni di vita del cocktail bar pensato e realizzato dalla mente e dalle braccia del bartender Paolino Nigro, portano una ventata di aria fresca nella città di Melfi, in provincia di Potenza. Ogni storia ha un capitolo uno. OR1GINI segna il primo traguardo del nostro viaggio. Comunica il primo anno di attività, con un’identità forte e visivamente stilizzata. Perché ogni passo avanti inizia da un passo indietro, a quando è cominciato il nostro percorso. È il festival, la festa di Origini, ma anche quella dei suoi clienti affezionati. Un mix di musica, drink speciali, ospiti d’eccezione e food ricercato. Vivere Origini in versione “Fest” è una sorpresa per ringraziare chi ci ha accompagnato fin dall’inizio e accogliere chi si unirà al nostro viaggio. Si inizia giovedì 25 settembre con i bartender Luisa Polverino e Cristiano Barabba della Bartender’s Bar Accademy Salerno con il live dei Crostah ed uno spettacolo circense. Venerdì 26 settembre toccherà ai bartender Antonio Lecciso del Prohibition di Lecce, Francesco Di Gioia del Contrabar di Bisceglie e a Stefano Leo del “Tonico” di Galatina a miscelare drink alla bar station. La serata sarà accompagnata musicalmente dal djset di Antonello Croce con lo special guest di Felice Alvino. Sabato 27 settembre, invece, sarà il momento del bartender Stefano Iamparelli di DOC di Pescara a realizzare drink. Il djset di Andrea Megamix farà da sfondo alla serata con un’interessante esibizione di kickboxing da parte di Luigi Rosa della “Pro Fighting Team Rosa”. Domenica 28 settembre, infine, alla bar station ci saranno Alessandro Mannoni e Francesco Cimaglia del “La Zanzara” di Roma. Gli chef de “La Villa” di Melfi si occuperanno della proposta food, musica live de la “Jasi Band” mentre Domenico Salluce si esibirà in uno spettacolo di ventriloquo e magia con “Magic and Puppet show”. “Origini Fest è un festival di quattro giorni studiato e pensato per premiare i clienti che in questo primo anno ci hanno dato fiducia. Abbiamo studiato delle serate di intrattenimento con guest da tutta Italia per offrire un’offerta diversa a chi ci verrà a salutare in quei giorni. Tanto intrattenimento musicale, tanti gadget in omaggio e la presenza delle aziende partner di Origini, come Tanqueray Ten, Casamigos, Martini e Amaro Lucano su tutte, che hanno preso a cuore il progetto dall’inizio e ci hanno sostenuto in questo evento bellissimo. Non vediamo l’ora di accogliere i nostri ospiti e clienti in questi quattro giorni, certi di vivere con allegria e spensieratezza l’evento” ha dichiarato entusiasta Paolino Nigro. Una sfida ambiziosa quella di Paolino Nigro che ha voluto portare nella sua città, Melfi, nuova offerta food e drink con un vero e proprio ritorno alle Origini. Il giovane barman Paolino Nigro, dopo una lunga esperienza vissuta nei più famosi cocktail bar italiani e internazionali, è tornato nella sua città per aprire un nuovo spazio dedicato al buon bere e alla sperimentazione. Unire storia e innovazione è il concept intorno a cui ruota Origini - Esperienza Liquida. Ad ispirare la prima drink e food list era stato l'imperatore Federico II di Svevia. Guidati da un simpatico cavaliere ebbro, mascotte del locale, ci si immerge nella vita del Castello, scrigno che custodisce uno degli iconici drink “Castelli in aria” con Zacapa, castagna, frutto tipico della zona del Vulture, mandorle e limone. La seconda drink list di Origini, ancora tutt’oggi presente in carta, è stata invece OriginLand, ispirata ai cartoni animati che dagli anni ’80 ai 2000 hanno caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza di tutti noi. L'atmosfera di Origini segue sì il leitmotiv federiciano, ma è anche estremamente rilassata, grazie ad un'accoglienza vivace, fresca ed amicale da parte della giovane squadra di professionisti under 30. Un team di cui va molto fiero Paolino, che conferma come "Origini è per me e i miei colleghi uno spazio in cui esprimere la nostra passione. Dove cultura, modernità e divertimento si mescolano perfettamente come in un cocktail ben riuscito. Dopo molte esperienze, tra cui una importante dietro il bancone del Sips di Barcellona (al primo posto nella classifica “The World’s 50 Best Bars 2023”) ho scelto di ritornare nella mia Basilicata per offrire ai nostri clienti un nuovo modo di vivere l'esperienza della miscelazione". Un progetto giovane e ambizioso a cui Paolino Nigro stava già lavorando da qualche anno, che ha visto la luce alla fine dell'estate. Uno spazio, all'ombra del Monte Vulture, che ha voglia di regalare momenti di relax, accompagnati da ottimi cocktail e in compagnia dello scintillante cavaliere, a cui, come promette il fondatore, non manca mai bicchiere.
Autore: La Redazione 22 settembre 2025
Nonostante il talento e la passione, le donne nella ristorazione d’eccellenza restano spesso in secondo piano. Ma qualcosa sta cambiando, e la rivoluzione parte dalle cucine. Per decenni, l’alta cucina è stata raccontata quasi esclusivamente al maschile. Grandi nomi, premi internazionali, copertine di riviste e stelle Michelin: un universo che ha troppo spesso dimenticato, o messo in secondo piano, le donne. Ma dietro i fornelli di molti dei migliori ristoranti del mondo ci sono anche loro: competenti, creative, determinate. Pronte a riscrivere le regole di una tradizione che oggi ha bisogno di rinnovarsi nel segno dell'inclusione e della parità Basta scorrere l’elenco dei ristoranti stellati o dei vincitori dei premi più prestigiosi per accorgersi di quanto sia ancora esigua la presenza femminile. E non si tratta certo di una questione di talento: nelle cucine professionali le donne sono numerose, ma difficilmente riescono a emergere nei ruoli apicali. La questione non è solo culturale, ma anche strutturale: orari massacranti, difficoltà nel conciliare vita personale e carriera, stereotipi di genere ancora radicati. Eppure, il panorama sta lentamente cambiando. Chef come Cristina Bowerman, con il suo approccio multidisciplinare e internazionale, o Martina Caruso, che ha conquistato la stella Michelin a soli 27 anni, sono esempi di una nuova generazione di professioniste che portano in cucina visione, tecnica e identità. Donne che scelgono di rimanere nei propri territori, come Valeria Piccini a Montemerano, o che decidono di portare il gusto italiano nel mondo, come Nadia Santini, ambasciatrice dell’eccellenza gastronomica tricolore. Ognuna con una propria storia, ma tutte unite dalla stessa determinazione: affermarsi non “nonostante” siano donne, ma proprio perché lo sono. Il cambiamento non può arrivare solo dal talento individuale: servono politiche attive, percorsi formativi inclusivi, mentorship, e soprattutto un cambio di mentalità nelle brigate di cucina. La leadership femminile non può più essere vista come un’eccezione, ma come una delle tante forme di eccellenza professionale. Allo stesso modo, anche la comunicazione gastronomica deve evolvere: è tempo di superare la narrazione che vede le donne solo come custodi della tradizione o madri amorevoli ai fornelli. Le chef di oggi sono manager, imprenditrici, formatrici. E meritano lo stesso spazio mediatico e istituzionale riservato ai colleghi uomini. L’alta ristorazione, se vuole continuare a essere innovativa e rappresentativa, deve sapersi aprire a tutte le voci. In un’epoca in cui la sostenibilità, l’etica del lavoro e l’inclusione sono (giustamente) temi centrali, anche la cucina deve fare la sua parte. E riconoscere il valore, unico e insostituibile, delle donne chef. Non si tratta di una battaglia di genere, ma di qualità. Perché il talento non ha sesso, ma ha bisogno di essere visto, ascoltato e valorizzato. A cura della Redazione – La Gazzetta del Food Foto Web
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